La svolta in Cina, da capo ufficio a capo azienda
«Allora, cosa hai deciso?». La domanda, quel giorno di Pasqua del 2010 non arrivava inaspettata. Franco Stefani, presidente del gruppo System, aveva già sondato qualche settimana prima la disponibilità di Orfeo Finocchi a trasferirsi in Cina. Decisione non banale, per l’allora sales area manager, dovendo spostare anche la moglie e un bambino piccolo. «Ci siamo sentiti per gli auguri - racconta il manager e quel giorno lo ricordo bene: a distanza di anni devo dire che la scelta è stata positiva».
Oggi il manager è direttore generale di System China, una realtà da 200 persone, con attività che riguardano sia l’area ceramica che l’attività logistica, in ambito sia produttivo che commerciale. «Se fossi rimasto in Italia - spiega - non mi vedrei oggi molto più “in alto” rispetto a dov’ero allora, quando gestivo una decina di persone. In termini di crescita professionale, di esperienza e di visione qui c’è stato in effetti un grande salto di qualità».
Al momento dell’offerta non è stato l’aspetto economico quello determinante. Sia perché le numerose trasferte del manager già portavano verso l’alto la retribuzione limitando in partenza il gap, sia perché nel bilancio famigliare si doveva tenere conto della rinuncia allo stipendio della moglie di Orfeo, inserita in Italia con un contratto a tempo indeterminato. «La molla è stata diversa - spiega Finocchi - e del resto facendo i conti non esisteva in termini immediati un forte incentivo economico. Oggi però a distanza di anni, la crescita è stata interessante». Prendendo come base la retribuzione 2010 oggi lo stipendio è nell’ordine di 2,5 volte quel livello, con l’aggiunta dell’assicurazione, della casa e della retta per la scuola internazionale del figlio, «e meno male - racconta - perché in effetti qui costa un botto».
Entrato in System nel 2003, il manager per cinque anni si è occupato a distanza delle attività cinesi e le tante trasferte necessarie (in media tre settimane su quattro), hanno paradossalmente rappresentato una spinta in più per decidere. «In effetti - spiega - vista la situazione il trasferimento è stato anche un modo per stare più vicino alla mia famiglia: viaggio molto anche ora, ma in misura certamente inferiore rispetto a quanto accadeva nel 2010».
Tra i plus dell’esperienza c’è anche la spinta alla flessibilità, con la necessità di modificare il proprio modo di operare per tenere conto di una realtà diversa, sia in termini culturali che organizzativi. «La Cina è in continua evoluzione, qui tutto cambia dalla sera alla mattina e non è solo un modo di dire. Sono tutti molto rapidi, per stare al passo occorre decidere in tempi brevi e se è il caso correggere il tiro altrettanto velocemente. E poi serve elasticità per adattarsi alle loro esigenze: in fondo, qui siamo ospiti. Il mio futuro? In Italia per ora mi vedo solo in vacanza. Se penso alle opportunità di lavoro o alla qualità della scuola non vedo un quadro roseo. Spiace dirlo ma sul mio paese oggi non mi sento particolarmente ottimista».