Società cooperative e piano di crisi aziendale
La legge 142/2001 all’articolo 3 stabilisce che il socio lavoratore deve percepire un trattamento economico complessivo “[…] comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine”. In aggiunta alla retribuzione minima, la norma disciplina la possibilità di erogare trattamenti economici ulteriori che possono assumere la forma di “maggiorazione retributiva”(art. 3, co. 2, lett. a) ) o “ristorni” (art. 3, co. 2, lett. b) ). Tanto premesso la derogabilità in peius al trattamento retributivo è prevista dall’articolo 6 co. 1 lett. d) che prevede l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, all'occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali e siano altresì previsti: la possibilità di riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 3; il divieto, per l'intera durata del piano, di distribuzione di eventuali utili. Inoltre la successiva lettera e) prevede l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, sempre nell'ambito del piano di crisi aziendale, “forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacita finanziarie”. In particolare tale ultima possibilità è stata interpretata dalla dottrina maggioritaria e dalla giurisprudenza (ad es. Cass. 28 agosto 2013, n. 19832 o la più recente Tribunale Foggia, sentenza 18 gennaio 2017, n. 269) nel senso di considerare legittime le riduzioni di retribuzioni anche al di sotto del minimo legale a condizione che siano previste dal regolamento della cooperativa e che il piano di crisi aziendale, deliberato dall’assemblea dei soci, contenga elementi adeguati ad esplicitare l’effettività dello stato di crisi, la sua temporaneità e il nesso di causalità tra lo stato di crisi e gli apporti economici richiesti ai soci lavoratori. Stabilita la legittimità della derogabilità alla contrattazione minima legale attraverso il piano di crisi aziendale (alle condizioni vedute), per la risposta al quesito soccorre l’interpello Minlav 48/2009. Nella nota si richiama l’articolo 4 co. 1 della menzionata legge 142 il quale stabilisce che “Ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative nei limiti di quanto previsto dall'articolo 6”, norma quest’ultima che consente, come sopra chiarito, la derogabilità ai minimi legali. Pertanto, prosegue la nota ministeriale, sotto il profilo previdenziale l’obbligazione contributiva andrà quantificata sulla base di un imponibile corrispondente alle somme effettivamente corrisposte ai lavoratori (esclusivamente per il solo periodo di crisi aziendale), nel rispetto tuttavia del minimale contributivo giornaliero di cui all’art. 1, co. 2, del medesimo D.L. n. 338/1989 che non può essere inferiore al 9,50% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore al 1° gennaio di ciascun anno (nel 2017 pari a € 47,68: v. circ. Inps 19/2017).