L’Inps non può duplicare le modalità di recupero dei crediti
La sentenza 678/2018 della sezione lavoro della Corte di cassazione offre lo spunto per ricordare e distinguere le modalità con cui l'Inps recupera i propri crediti, in particolare nelle ipotesi in cui l'istituto sia in possesso di titoli già formatisi in sede giudiziale (il che accade, solitamente, con i crediti maggiormente “in sofferenza” e da tempo oggetto di procedure di recupero).
Il caso scaturisce da una notifica di un atto di precetto con cui l'istituto aveva intimato il pagamento di crediti incardinati in un decreto ingiuntivo ormai risalente nel tempo (fine anni '90) emesso per contributi previdenziali obbligatori e sanzioni civili, mai opposto dal debitore. Si discute allora circa le modalità con cui l'Inps può procedere all'attivazione delle procedure di recupero di questi crediti: in altre parole, occorre verificare se l'ente previdenziale debba necessariamente avvalersi della procedura indicata dal Dlgs 46/1999, nella duplice veste prima della riscossione mediante ruolo esattoriale con conseguente formazione della cartella di pagamento a opera dell'agente della Riscossione, e poi dell'avviso di addebito, con valore di titolo esecutivo che, per le entrate dell'Inps , ha sostituito dal 1° gennaio 2011 il meccanismo dell'iscrizione a ruolo/formazione della cartella di pagamento (in base all’articolo 30 del Dl 78/2010, i riferimenti contenuti nel Dlgs 46/1999 al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati all'avviso di addebito).
È pur vero che esiste una specifica norma (l'articolo 13, sesto comma della legge 448/1998 – sulla cessione e cartolarizzazione dei crediti Inps) che espressamente esclude dall'iscrizione a ruolo, e quindi dall'applicazione del Dlgs 46/1999, tra gli altri, i crediti già oggetto di procedimenti civili di cognizione ordinaria e di esecuzione. Tuttavia, limitando l'ambito applicativo di tale eccezione, in senso restrittivo, ai procedimenti già iniziati ed effettivamente in corso, è lecito chiedersi se, nel caso di procedimenti già definiti con provvedimento passato in giudicato o con decreto ingiuntivo esecutivo, sia comunque necessario il passaggio attraverso il meccanismo dell'iscrizione a ruolo con formazione della cartella di pagamento (avviso di addebito).
La tesi contraria, che è quella cui la Cassazione finisce per aderire, muove da un concetto giustamente più ampio di procedimento in corso. Rispetto alla semplice ipotesi della pendenza del procedimento civile, il credito contenuto in una sentenza passata in giudicato o in un decreto ingiuntivo non opposto, cui è eventualmente seguito atto di precetto, a maggior ragione rientra nella ipotesi esonerativa dell'obbligo di iscrizione a ruolo dei crediti ai sensi dell'articolo 13.
Oltre a motivazioni di ordine logico, infatti, vi è l'ovvia esigenza di non porre altro tempo tra la formazione del titolo e l'attività di riscossione (cui è prodromica la notifica di atto di precetto), tempo che sicuramente sarebbe necessario all'istituto per dotarsi di un nuovo titolo rappresentato oggi dall'avviso di addebito. Sotto questo profilo, inoltre, non può essere speso a confutazione di quanto ora affermato, il contenuto dell'articolo 24, terzo comma, del Dlgs 46/1999, che descrive un'ipotesi di impedimento di iscrizione a ruolo (formazione di avviso di addebito) nelle ipotesi in cui l'accertamento effettuato dall'ufficio sia impugnato in via giudiziaria e dunque l'iscrizione a ruolo sia possibile solo in presenza di provvedimento esecutivo del giudice.
Tale norma, infatti, non regola le ipotesi in cui l'Inps può avvalersi dello strumento di recupero indicato dal Dlgs 46/1999, bensì, come si è detto, indica un'ipotesi in cui per la presenza di un accertamento giudiziale sulla pretesa contributiva in corso, il procedimento di iscrizione a ruolo e formazione di avviso di addebito venga differito al momento in cui intervenga un provvedimento esecutivo (con tutte le incertezze, peraltro, derivanti dalla individuazione in concreto di tale provvedimento). L'articolo 13, comma 6, si riferisce invece ai casi in cui l'Inps è obbligato a procedere all'iscrizione a ruolo indipendentemente dalla contestazione dell'accertamento, ipotesi, come è chiaro del tutto diversa.
Vi è poi un'ultima ragione che impedisce di concordare con la tesi del necessario passaggio attraverso l'iscrizione a ruolo, ossia il generale divieto di duplicazione dei titoli nei quali sia incardinato un medesimo credito. Occorre tuttavia ricordare che quello del divieto di duplicazione dei titoli non costituisce un dogma insormontabile. La giurisprudenza, infatti, ha affermato più volte che la duplicazione dei titoli giudiziali e/o esecutivi sia ammissibile allorquando il secondo titolo assicuri maggiore tutela nell'escussione del valore totale del proprio credito (come accade, per esempio, nel caso di decreto ingiuntivo richiesto da un istituto di credito per poter iscrivere ipoteca giudiziale su altri beni del debitore rispetto a quelli già garantiti da ipoteca volontaria: si veda Cassazione n. 14737/2006 e più di recente tribunale di Milano 12378/2013).
Il Collegato lavoro in attesa dell’approvazione in Senato
di Andrea Musti, Jacopomaria Nannini