Ferie indennizzate se il dirigente non è «autonomo»
Solo i dirigenti apicali non possono reclamare l'indennità per le ferie non godute.
Con la sentenza 2000/2017, la Corte di cassazione ha confermato il principio secondo cui solo il dirigente effettivamente titolare del potere di attribuirsi il periodo di ferie, senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, non ha diritto alla relativa indennità sostitutiva nel caso in cui non eserciti tale potere e non fruisca quindi del periodo di riposo.
Nel caso specifico i ricorrenti erano dei dirigenti medici di primo livello che operavano in una azienda ospedaliera e che hanno rivendicato il pagamento delle ferie non fruite nel corso dei precedenti anni. Il datore di lavoro ha obiettato che il contratto collettivo dei dirigenti medici dispone la monetizzazione dei periodi di riposo solo nel caso in cui essi risultino non fruiti per esigenze di servizio o per cause indipendenti dalla volontà del dirigente.
La Corte, confermando il proprio orientamento, ha ritenuto che questa clausola del contratto collettivo debba essere interpretata in modo conforme al principio costituzionale dell'irrinunciabilità delle ferie e quindi che la medesima disposizione debba applicarsi solo nei confronti dei dirigenti medici effettivamente titolari del potere di attribuirsi il periodo di ferie senza ingerenze da parte del datore di lavoro.
Nel caso specifico, invece, i ricorrenti erano in posizione sottordinata a quella dei dirigenti di secondo livello e alla direzione sanitaria della struttura ospedaliera e, per tale motivo, a essi la Corte ha riconosciuto il diritto a rivendicare l'indennità per le ferie non godute.
Nella medesima occasione la Cassazione ha altresì chiarito che per l'attribuzione dell'indennità è sufficiente provare il mancato godimento dei riposi, senza la necessità di allegare di aver sofferto un particolare danno e provarne l'entità.
La questione relativa alla debenza della indennità per ferie non godute, a favore dei lavoratori che decidano la fruizione delle proprie ferie è risalente nel tempo e investe molte realtà aziendali, non solo quelle ospedaliere.
Si è infatti lungamente discusso circa le rispettive responsabilità di datori e lavoratori in merito alla fruizione dei riposi, soppesandone molteplici aspetti: la tutela del diritto alla salute di chi ne è beneficiario, le frequenti difficoltà di pianificare le ferie che derivano da esigenze organizzative e produttive anche repentinamente mutevoli, l'effettiva potestà organizzativa “diffusa” che fa concorrere alla determinazione delle ferie varie voci e spesso viene meno ai propri obbiettivi di fronte alla mancata cooperazione o alle mutevoli preferenze espresse dai dipendenti interessati.
In tale contesto, è significativo che la clausola collettiva esaminata nel caso in commento, che esclude la monetizzazione dei riposi non fruiti dai dirigenti, sia contenuta nel contratto collettivo dei dirigenti medici, ossia in un settore particolarmente complesso e con riferimento a lavoratori particolarmente qualificati e che più di altri sono in grado di apprezzare le esigenze delle realtà ospedaliere in cui operano.
Nel dirimere interessi contrapposti la Suprema corte, con orientamento consolidato, ha ritenuto da un lato che il datore di lavoro abbia il diritto/dovere di determinare il periodo di godimento delle ferie dei dipendenti nell'ambito del proprio potere organizzativo e, dall'altro, che il dirigente che abbia il potere di attribuirsi le ferie senza alcuna ingerenza non possa poi reclamare l'indennità sostitutiva delle ferie non godute. Una soluzione che potrebbe sembrare di troppo rigore, ma che ha il pregio di una chiarezza indubbia.
Corte di Cassazione - Sentenza 2000/2017