Contrattazione

Cuneo, ipotesi taglio da 1,5 miliardi

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

I contorni si chiariranno ad aprile con la presentazione del Documento di economia e finanza (Def) e del Programma nazionale di riforme (Pnr). Ma dopo le parole del premier, Paolo Gentiloni, che domenica ha confermato l’intenzione di voler procedere, nella prossima legge di Bilancio, a una riduzione strutturale del cuneo fiscale, i tecnici di palazzo Chigi e dei ministeri del Lavoro e dell’Economia hanno aperto ufficialmente il dossier. Che al momento punta su una ipotesi di sforbiciata strutturale tra i 3 e i 5 punti di contributi a favore dei neo-assunti con contratto a tempo indeterminato, nella nuova versione “a tutele crescenti” introdotta dal Jobs act (si veda Il Sole 24Ore del 5 marzo). L’intervento, secondo le prime simulazioni ufficiose, costerebbe tra 1 e 1,5 miliardi almeno nella fase iniziale (ogni punto di riduzione del costo del lavoro stabile, per i nuovi ingressi, vale circa 300 milioni di euro).

In questo caso il taglio potrebbe essere ripartito in parti uguali tra imprese e lavoratori; ma si sta approfondendo anche una diversa articolazione, ad esempio un alleggerimento di due terzi per l’azienda e di un terzo per il lavoratore. Una scelta che nascerebbe dall’opportunità di ridurre il costo del lavoro, producendo, al tempo stesso, una ricaduta positiva sulle buste paga dei dipendenti.

Si sta esplorando anche l’ipotesi di un intervento più radicale, con un taglio al costo di tutto il lavoro stabile (vale a dire, vecchi e nuovi assunti). Qui l’esborso per l’Erario salirebbe di molto, visto che un punto di contributi in meno vale, sempre nella fase iniziale, circa 2-2,5 miliardi (ma la coperta è corta, questa ipotesi potrebbe decollare in caso di rinuncia al blocco dell’Iva).

Sul tavolo, negli ultimi giorni, è entrata anche un’altra ipotesi, caldeggiata dal Pd: la decontribuzione totale per tre anni per il primo impiego, da affiancare, per gli under35, a una “dote formazione” portabile (per agevolare nuovi inserimenti occupazionali a seguito di eventuali carriere discontinue, dovute a licenziamenti o dimissioni). «Stiamo approfondendo temi e costi, ne parleremo questo fine settimana al Lingotto - evidenzia Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi -. L’obiettivo è proseguire nella strada tracciata dal Jobs act di riduzione delle tasse».

Per il vice ministro dell’Economia, Enrico Morando, l’ipotesi di un taglio strutturale al cuneo e la decontribuzione triennale per il primo impiego «non sono misure alternative. Per me - spiega - è giusto partire dai giovani e arrivare nel medio periodo a una riduzione del costo del lavoro. L’importante è che sia un intervento strutturale e non penalizzi le prestazioni previdenziali. Le risorse per l’operazione potrebbero giungere dalle nuove regole sulla fatturazione elettronica». La «strada del taglio strutturale del cuneo è quanto mai opportuna - aggiunge il numero uno di Anpal, Maurizio Del Conte -. Era nelle premesse del Jobs act rendere più conveniente il contratto a tempo indeterminato. Ed è importante ora proseguire su questa strada».

Il precedente intervento sul cuneo risale alla Finanziaria 2007 e prevedeva un taglio di 5 punti, per il 60% a vantaggio delle imprese e per il 40% dei lavoratori. Nel 2015 c’è stata la decontribuzione piena, scesa al 40% nel 2016. Da gennaio sono in vigore solo sgravi mirati: per chi assume studenti dopo l’alternanza, e giovani e disoccupati al Sud (con fondi Ue).

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