Contenzioso

Dubbio di costituzionalità sul trattamento differente per i sanitari non vaccinati

di Mario Gallo

Dopo lo tsunami normativo durante il periodo emergenziale causato dalla pandemia da Covid-19, il filone giurisprudenziale riguardante le molteplici norme speciali introdotte in materia di lavoro comincia a prendere decisamente corpo; in particolare, tra queste indubbiamente quelle caratterizzate da una maggiore criticità riguardano l'imposizione dell'obbligo della vaccinazione anti SARS-COV-2 a diverse categorie lavorative e, in merito, si registra recentemente l'importante sentenza del Tribunale Brescia, Sez. Lav., 22 agosto 2022, n. 1008, che potrebbe aprire a nuovi scenari.

La vicenda affrontata riguarda una lavoratrice, assunta da una struttura sanitaria con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con mansioni di ostetrica, destinataria da parte del datore di lavoro del provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa e dalla retribuzione, senza corresponsione dell'assegno alimentare.

Il provvedimento è scaturito dal fatto che la dipendente si era sottoposta alle prime due dosi di vaccino, ma non alla terza in quanto, dopo due mesi dalla seconda inoculazione, aveva contratto il virus nel dicembre 2021; nel maggio del 2022 veniva sospesa dal Consiglio dell'Ordine a cui faceva seguito la sospensione dal lavoro disposta dal datore di lavoro che negava anche la possibilità di ricollocazione.

La lavoratrice ha, così, proposto ricorso in via d'urgenza, eccependo principalmente l'illegittimità dell'obbligo vaccinale dei sanitari previsto dal Dl 44/2021 sotto vari profili e, in particolare, per i soggetti già immunizzati, in relazione agli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 21, 32, 33, 34, 35, 36 e 97 della Costituzione; inoltre, stante la sua condizione di soggetto immunizzato, ha chiesto al giudice la riammissione in servizio anche in altre mansioni con il pagamento della retribuzione previo accertamento dell'illegittimità della sospensione.

Il Tribunale di Brescia, sulla base di un articolato ragionamento – qui riassunto in alcuni dei suoi tratti più significativi – ha ritenuto che le questioni di costituzionalità segnalate dalla lavoratrice sono parzialmente fondate.

Obbligo di vaccinazione e interessi pubblici

Secondo il giudice è vero che «l'imposizione dell'obbligo vaccinale nei confronti dei sanitari sia dichiaratamente strumentale alla soddisfazione di due interessi pubblici, quello alla tutela della salute collettiva, da un lato, e quello al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell'esercizio delle prestazioni sanitarie» e che la previsione della sospensione è stata strutturata dal legislatore in termini d'inidoneità temporanea alla prestazione lavorativa, categoria tipicamente riconducibile alle fattispecie tanto del lavoro privato (articolo 41 del Dlgs 81/2008) che del pubblico impiego (articolo 55-octies del Dlgs 165/2001).

Dubbi di costituzionalità per disparità di trattamento e effettività del diritto al lavoro

Tuttavia, l'articolo 4, comma 7, del Dl 44/2021, dopo le modifiche introdotte dal Dl 172/2021, nella parte in cui prevede che l'adibizione a mansioni diverse senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio, è ammessa solo per il periodo in cui la vaccinazione è omessa o differita, pone dubbi di compatibilità con gli articoli 3 e 4 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento, dell'irragionevolezza e sproporzionalità e della lesione del diritto al lavoro.

Infatti, si può ritenere che «il pericolo di diffusione del virus sia uguale in capo a qualsiasi lavoratore non vaccinato indipendentemente dal fatto che la omessa vaccinazione sia dovuta ad una scelta volontaria oppure ad un accertato pericolo per la sua salute»; ecco quindi che, secondo il Giudice, «a parità di condizione (uguaglianza del pericolo di contagio per gli altri dipendenti, per gli ospiti)» non si comprende «per quale motivo l'obbligo di repechage debba sussistere solo a favore dei secondi (soggetti esentati o per i quali la vaccinazione è stata differita) e non anche a favore dei primi», ossia coloro che non si sono vaccinati per una scelta volontaria o per motivi di salute.

Pertanto, il giudice dubita che il comma 7 del citato articolo, nell'attuale formulazione, sia contrario agli articolo 3 (principio di uguaglianza) e 4 (principio del diritto al lavoro) della Costituzione, nella parte in cui non prevede che l'obbligo di repechage sussista anche per coloro che scelgono di non vaccinarsi.

Dubbi di legittimità costituzionale sono stati espressi, infine, anche in relazione al comma 5 dell’articolo 4 del Dl 44/2021, nella parte in cui recita «per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati» in relazione agli articoli 2 e 3 della Costituzione; pertanto, il giudice ha rimesso la questione alla Corte costituzionale.

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