Contrattazione

Bancari, countdown sul Tfr, chiesto aumento di 200 euro

di Cristina Casadei

Per i 300mila bancari Abi è iniziato il countdown dello scongelamento del Tfr il cui meccanismo di calcolo era stato reso meno oneroso nell’ultimo contratto, siglato nel 2015, limitandolo alle sole voci tabellari. Quindi? Visto che il contratto scade a fine anno, dal primo gennaio le banche si troveranno un problema di non poco conto. O meglio, il conto lo ha fatto ieri la Fabi al 124esimo consiglio nazionale a Milano dove i presidenti delle commissioni per il contratto hanno fatto qualche accenno della piattaforma, che dovrà essere discussa insieme alle altre sigle e cioè First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin. Come compensazione per la sterilizzazione del Tfr il conto è dell’1,2%. Considerato che un punto per una terza area professionale cuba circa 31 euro, allora parliamo nel complesso di una riparametrazione che potrebbe valere nel complesso poco meno di 500 euro.

Se da qualche parte deve partire, il confronto tra Abi e sindacati è abbastanza verosimile che parta da qui. I sindacati non hanno ancora una piattaforma ma hanno già iniziato a mettere mano ai numeri. Che sono tanti. C’è infatti tutto l’aumento salariale. Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni che ieri ha presentato il conto al presidente del Casl di Abi, Salvatore Poloni, rivendica, «dopo anni di sacrifici la necessità di riscrivere il contratto» e «il riconoscimento di aumenti economici per la categoria». Il conto prosegue con un aumento economico calcolato sulla base delle previsioni inflazionistiche. Ossia l’1,4% per il 2019,l’1,4% per il 2020 e l’1,3% per il 2021. In totale il 4,1%. Considerati sempre i 31 euro a punto parliamo di 127 euro. A questi vanno aggiunti 2 punti che i bancari chiedono come riconoscimento della produttività, anche al livello nazionale: quindi altri 62 euro. Il totale fa 189 euro, 200 per arrotondamento. Lasciando fuori il nodo Tfr.

«Dall’ultimo contratto sono intervenuti molti cambiamenti nel settore. Per affrontarli abbiamo assistito a molte fughe in avanti da parte dei gruppi», dice Sileoni. Anche se non si può parlare di vere e proprie deroghe, è evidente che «il contratto è stato preso a picconate» e, in prospettiva, andando avanti così, «si rischia l’anarchia». La Fabi ha dato la disponibilità a un calendario di incontri di qui a fine anno. Prendendo in mano l’agenda, il 12 dicembre è confermato l’incontro tra Abi e i sindacati. All’ordine del giorno ci sarebbe l’accordo sulle politiche commerciali «per l’insediamento della commissione prevista da quell’accordo su cui si va avanti», dice Poloni che ne sottolinea ancora una volta la bontà. Certo è che «vogliamo ridare centralità al contratto nazionale che deve, però, essere reso più attuale», aggiunge.

La tecnologia ha cambiato il volto degli sportelli, cambiato l’organizzazione del lavoro e reso obsoleti alcuni inquadramenti. Lasciando stare le grandi città, ormai l’ondata smart è arrivata anche nelle province più remote, mentre i dati Abi mettono in luce l’ascesa dell’home banking e il calo delle visite allo sportello. Torna lo spettro degli esuberi, periodicamente sventolati da studi più o meno autorevoli, oltre che da manovre di avvicinamento più o meno concretizzabili tra gruppi. «La digitalizzazione non potrà essere la leva per annunciare esuberi ma su questo non posso rispondere solo io - dice Sileoni -. Bisogna fare quadrato». Poloni ribatte che «la tecnologia non è un’alternativa alla centralità della persona» e che la conoscenza dei clienti e la loro fiducia sono fattori fondanti nel credito.

E i giovani? Non possono essere lasciati fuori dalla pur fitta agenda, dopo che in banca si è assistito a un massiccio ricambio generazionale. «Gli under 30 sono il 16% della categoria», dice Sileoni. Quindi parliamo di poco meno di un bancario su 5. Il ricambio è avvenuto grazie al Fondo per l’occupazione - ma Sileoni lamenta lo scarso sforzo dei top manager per alimentarlo - e al salario di ingresso, sulla cui eliminazione nel sindacato c’è una riflessione condivisa, dice Sileoni. Poloni fa però notare che, sì, per i giovani c’è il salario di ingresso ma «le loro assunzioni sono state a tempo indeterminato con un contributo del 4% sulla previdenza complementare». Con la disoccupazione che riguarda un giovane su tre è un contributo importante quello delle banche, dove dal 2012 sono entrati 20mila giovani. A fronte di migliaia di uscite, ma anche qui va sempre ricordato il paracadute del Fondo di solidarietà - di cui Sileoni chiede di ampliare la sezione emergenziale - e il carattere volontario e incentivato delle uscite.

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