Più conciliazione con il buono nido
I servizi di welfare aziendale potrebbero presto diventare “più ricchi”: nel decreto che riordina il sistema di educazione e istruzione degli alunni da zero a sei anni, che ha iniziato l’esame nelle commissioni parlamentari, è spuntata infatti una nuova misura. Si chiama «Buono nido» e potrà essere erogato da aziende pubbliche (una novità) e private a favore dei propri dipendenti (lavoratrici e lavoratori, indistintamente) che hanno figli in età compresa tra i tre mesi e i tre anni.
L’obiettivo è promuovere una maggiore conciliazione vita-lavoro (come già avviene in paesi come la Francia, e, da noi, a Bolzano), e al tempo stesso innalzare la frequenza di nidi e micronidi da parte dei bambini, specialmente quelli più piccoli (oggi la copertura si attesta intorno al 20%, in maniera, peraltro, non uniforme sul territorio nazionale - si punta ad arrivare ad almeno il 33 per cento).
Il «Buono» sarà spendibile «nel sistema dei nidi accreditati o a gestione comunale», e sarà completamente esentasse (non sono previsti oneri a carico del datore né del lavoratore) fino a un valore di 150 euro (per ogni singolo «Buono»).
«Con lo zero-sei il governo ha deciso di investire in una misura che avrà un forte impatto sull’occupazione diretta e indiretta femminile - ha spiegato la responsabile Scuola del Pd, Francesca Puglisi - e l’introduzione del Buono nido offre uno strumento innovativo di welfare aziendale per lavoratrici e lavoratori con figli piccoli vantaggioso anche per le aziende. Sostenere la natalità e le famiglie nel compito di cura e di educazione dei figli deve essere la sfida di un Paese moderno».
Il provvedimento, che farà nascere un sistema integrato tra nidi-sezioni primavera e scuole dell’infanzia, conferma poi la possibilità per gli enti locali di introdurre tariffe agevolate sulla base dell’Isee del nucleo familiare, fino ad arrivare nei casi di particolare disagio economico-sociale (rilevato dai servizi territoriali) all’esenzione totale. Sarà invece un’intesa, da firmare in conferenza unificata, a definire le soglie massime di partecipazione economica dei genitori alle spese di funzionamento dei servizi educativi per l’infanzia (sia pubblici sia privati accreditati che ricevono finanziamenti pubblici).