Contenzioso

Per i contributi a Inarcassa vale l’attività svolta effettivamente

di M.Pri.

L'ingegnere che lavora come consulente occupandosi di marketing non è tenuto a iscriversi a Inarcassa. Con la sentenza 20389/2018 depositata ieri, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d'appello che, a sua volta, aveva riformato la decisione del tribunale.

Alla base della decisione presa dalla Suprema corte c'è l'orientamento espresso a fronte di casi simili che tiene conto della connessione effettiva tra l'attività svolta e le conoscenze professionali tipiche dell'ingegnere o dell'architetto (dato che Inarcassa è l'istituto previdenziale di queste due categorie di professionisti) più che l'elemento formale, cioè il titolo di laurea conseguito. Così i giudici ricordano che «l'imponibile contributivo va determinato alla stregua dell'oggettiva riconducibilità alla professione dell'attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima, rilevando che le cognizioni tecniche di cui dispone il professionista influiscono sull'esercizio dell'attività».

Quindi un ingegnere potrebbe essere chiamato a contribuire a Inarcassa anche se svolge un'attività tipica ma se la stessa richiede competenze specifiche dell'ingegnere. Al contrario un'attività che nulla a che fare con la laurea conseguita, non determina l'obbligo di contribuzione all'ente di previdenza di categoria.

Nel caso specifico la laurea in ingegneria nucleare «ed il bagaglio culturale a ciò conseguente, risultano elementi estranei alla concreta attività di analisi marketing in quanto non riconoscibili nella attività svolta». Dunque non si è di fronte allo «speciale contributi fornito dal professionista» derivante dalle competenze specifiche di ingegnere che connoterebbe significativamente l'attività svolta e comporterebbe l'iscrizione a Inarcassa.

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