Previdenza

Malattia autocertificata, rischio boomerang

di Andrea Marini

Anche i medici fiscali si dicono contrari al disegno di legge che prevede l’autogiustificazione dei primi tre giorni di malattia da parte dei lavoratori. La proposta, che ha come primo firmatario il senatore Maurizio Romani (gruppo misto, Italia dei valori), è stata presentata il 10 settembre 2015. Il 20 ottobre dello stesso anno è stata assegnata alla prima commissione Affari Costituzionali, dove è rimasta fino al 4 luglio scorso, quando è stato dato conto della nomina del relatore al testo (Bruno Mancuso di Ap), lasciando presupporre una imminente accelerazione della discussione. Già le imprese avevano espresso nei giorni scorsi la contrarietà alla misura: «Consentire l’autocertificazione per le malattie brevi fornirebbe solo una arma in più ai “furbetti”, ai professionisti dell’assenteismo», aveva commentato Maurizio Stirpe, vicepresidente di Confindustria per le relazioni industriali. A questa posizione ieri si è aggiunta la nota critica dell’Anmefi, l’associazione nazionale medici fiscali: l’associazione ha precisato «come non sia possibile parlare di patologia “clinicamente non obiettivabile” se non dopo aver eseguito un preliminare esame obiettivo. Per esempio, in caso di un generico “mal di testa” è necessario quanto meno rilevare i valori pressori e ricercare eventuali segni neurologici». Senza contare, come sottolinea Claudio Palombi, presidente dell’Anmefi, che la norma avrebbe un impatto non indifferente: «Il 30-33% dei certificati che arrivano riguardano proprio i primi tre giorni di malattia».

A rischiare potrebbero essere, in primis, i lavoratori: «L’auto-giustificazione – conclude la nota dell’Anmefi – potrebbe essere motivo di ritardo nel recupero dell’idoneità lavorativa, in assenza di adeguata terapia ed opportuni consigli che spettano al solo medico di famiglia. Sempre rifacendosi all’esempio della cefalea, questa potrebbe essere sintomo di altro evento cerebrale, magari più grave, che se ignorato o trascurato potrebbe comportare tempi più lunghi per la ripresa e conseguenti maggiori spese di indennizzo».

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