Adempimenti

La Francia prepara la decontribuzione degli straordinari

di Riccardo Sorrentino

Straordinari liberi da contributi sociali. Per aumentare il potere d’acquisto dei dipendenti. Il governo francese di Édouard Philippe potrebbe anticipare una delle promesse elettorali del presidente Emmanuel Macron, originariamente prevista per la fine del quinquennato: la reintroduzione di un esonero che era stato adottato, con la legge Tepa (“Travail, emploi et pouvoir d’achat”, ossia “lavoro, occupazione e potere d’acquisto) da Nicolas Sarkozy nel 2007.

La misura era stata poi abrogata nel 2012, all’inizio del suo mandato, da François Hollande e dal suo primo ministro Jean-Marc Ayrault che volevano in questo modo disincentivare gli straordinari e incentivare le assunzioni. Non si potè parlare di un successo e del resto le stesse stime elaborate prima dell’abrogazione parlavano, in realtà, di un guadagno di soli 17.900 posti. Più importante era probabilmente l’obiettivo di recuperare le entrate perdute, calcolate - erano gli anni del dopo crisi - in 4,5 miliardi l’anno. Oggi i dipendenti pagano, sugli straordinari, una sovrattassa del 25 per cento.

La reintroduzione dell’esonero, insieme alla riduzione dei contributi varata alla fine dell’anno scorso, permetterebbe a molti lavoratori di “riappropriarsi” di una quota dello stipendio. Il punto dolente è proprio il costo della misura: 3,5 miliardi per cinque anni, che si sommano ai 10 miliardi “mancanti” per l’abolizione, sia pure graduale, della tassa sulla prima casa. La reintroduzione dell’esonero, secondo l’economista Éric Heyer, potrebbe distruggere 72.600 posti per crearne soli 42.500 come effetto dei maggiori consumi. Anche se la situazione favorevole dell’economia francese potrebbe rendere più favorevole questo bilancio.

La reintroduzione era destinata a entrare in vigore alla fine del quinquennato. Il tema è però tornato all’ordine del giorno perché una deputata di La République en marche (Lrem), il movimento di Macron, Brigitte Bourguignon, presidente della commissione Affari sociali dell’Assemblée nationale, l’ha rilanciata ottenendo il sostegno di altri parlamentari della maggioranza. Il ministro del Bilancio Gérald Darmarin e poi il ministro dell’Economia Bruno Le Maire sono stati quasi costretti a confermare la promessa del presidente.

Le Maire è stato però un po’ ambiguo sulle date: la misura sarà introdotta «prima della fine del quinquennato», ha detto a Metz, di fronte ai dipendenti della Peugeot, aggiungendo però che «se ci saranno entrate fiscali supplementari nel 2018, la priorità andrà alla riduzione del debito». La Francia si è impegnata a mantenere il deficit al di sotto del 3% del pil quest’anno.

Macron e il suo movimento sono però preoccupati della percezione degli elettori sulle riforme economiche: l’idea dominante è che l’attenzione del governo e del presidente per le classi medie e quelle popolari è piuttosto bassa e le opposizioni cavalcano molto questa immagine di Macron troppo elitario. A Davos il presidente ha non a caso parlato di due temi molto discussi in Francia,la diseguaglianza - Thomas Piketty, autore del Capitale del XXI secolo che ha riproposto il tema all’opinione pubblica, è francese - e i beni comuni, su cui lavora il premio Nobel Jean Tirole.

Ha potuto farlo anche perché solo due giorni prima, a Versailles, aveva ricevuto più di un centinaio di manager delle grandi multinazionali globali, accogliendoli con un discorso molto pro-business. In questo modo, l’insistenza su diseguaglianza e beni comuni non è stata colta come un discorso legato a vecchie ideologie, ma piuttosto alla nuova «grande storia», che il presidente, per sua ammissione, vuole raccontare e creare.

Incentivare gli straordinari permette al governo di Parigi di favorire una maggiore eguaglianza sociale senza usare strumenti fiscali - come la tassazione sui redditi - che potrebbero frenare la crescita. Allo stesso tempo, appare compatibile con l’idea di Macron - espressa in un famoso discorso a settembre - di premiare chi «guida la cordata», questa volta riferita non ai grandi capitalisti ma, semplicemente, a coloro che desiderano lavorare di più.

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