Contrattazione

Inattivi al minimo storico ma crescono solo i contratti a termine

di Giorgio Pogliotti

A marzo continua a crescere il numero degli occupati: sono 62mila in più rispetto a febbraio, con un tasso di occupazione al 58,3% che ci riporta ai livelli di novembre 2008. La spinta per la prima volta arriva dagli indipendenti (+56mila) - in flessione da circa un anno -, e in maniera assai più contenuta dai lavoratori a termine (+8mila), mentre calano i permanenti (-2mila). Questa crescita interessa gli uomini (per le donne si registra un calo), riguarda tutte le fasce d’età - ad eccezione di quella 35-49anni(-59mila) che più risente delle crisi industriali-, soprattutto 25-34anni (+59mila) e, complice l’innalzamento dell’età pensionabile, quella over 50 (+53mila), più limitata invece per i giovani tra 15 e 24 anni (+9mila).

Lo rileva l’Istat che a marzo conta 19mila disoccupati in più rispetto a febbraio - in prevalenza donne e 35-49 enni -, con un tasso di disoccupazione stabile all’11% (a livello di settembre 2012) e 104mila inattivi in meno, con il tasso di inattività che scende al minimo dall’inizio delle rilevazioni (anche se resta elevato, al 34,3%). Gli incentivi ai contratti stabili sembrano avere avuto un impatto assai limitato - la crescita occupazionale dei giovani (+68mila tra i 15-34 enni) non pare riguardare i contratti permanenti -, anche se bisognerà attendere la pubblicazione di giugno per avere uno spaccato regionale e vedere il beneficio sul Mezzogiorno del bonus sud.

Nel confronto tendenziale con marzo 2017, emerge un aumento di 190mila occupati che interessa solo i lavoratori a termine (+323mila), mentre calano i permanenti (-51mila) e gli indipendenti (-81mila), diminuiscono i disoccupati (-118mila), e gli inattivi (-150mila). Tra le fasce d’età gli occupati aumentano soprattutto tra gli over 50 (+391mila), tra 15-34 anni (+46mila), mentre crolla la fascia 35-49 anni (-246mila).

La disoccupazione giovanile è in calo, anche se resta sempre a livelli alti (31,7% come alla fine del 2011): la flessione è dello 0,9% nel confronto congiunturale e del 4,4% rispetto a marzo 2017, quando si attestava al 36%. Allargando lo sguardo all’Europa, dai dati Eurostat emerge come il tasso di disoccupazione giovanile italiano sia il doppio di quello che si registra tra la media dei 28 paesi Ue (15,6%), e ben oltre quello dell’area euro (17,3%). Peggio di noi fanno solo la Grecia (42,3% ma il dato è fermo a gennaio) e la Spagna (35%), siamo lontanissimi dal 6,1% della Germania. Anche per la disoccupazione in generale, l’Italia con il tasso dell’11% occupa la terzultima posizione i Europa (seguita da Spagna e Grecia), rispetto ad una media della Ue ferma al 7,1% che nell’area euro raggiunge l’8,5%.

Per il ministro del lavoro uscente, Giuliano Poletti, i dati Istat «confermano il consolidamento positivo dell’assetto del mercato del lavoro in corso da diversi trimestri». Invita alla cautela il ministro del lavoro in pectore del M5S, Pasquale Tridico: «se non ripartono gli investimenti, continueremo ad assistere alla crescita degli occupati a termine e dei lavoretti della gig economy che in base alla sentenza del Tribunale del lavoro di Torino sono inquadrati come indipendenti, e al calo dei lavoratori permanenti». Secondo Renato Brunetta (Fi) «per la nostra economia c’è poco da stare allegri». La leader della Cisl, Annamaria Furlan, parla di «dati incoraggianti, ma la disoccupazione giovanile è ancora troppo elevata ed al Sud la mancanza di lavoro ha proporzioni inaccettabili».

La fotografia del mercato del lavoro

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