Contenzioso

Il giudice acquista più potere nel decidere la tutela crescente

di G.Fal. e M.Pri.

Per valutare correttamente le conseguenze della decisione della Corte costituzionale è necessario attendere il deposito della sentenza. In base al comunicato diffuso ieri, la Consulta ha ritenuto illegittimo il meccanismo che lega in modo automatico l’importo del risarcimento all’anzianità aziendale e che viene utilizzato per i licenziamenti economici, quelli disciplinari se il fatto contestato sussiste, e per i recessi collettivi. La conseguenza potrebbe essere il mantenimento del risarcimento minimo di sei mensilità dell’ultima retribuzione e quello massimo di 36, con la possibilità però per il giudice di modulare l’ammontare in base a più parametri, invece di correlarlo solo all’anzianità.

La decisione esplicherà effetto dal momento in cui la sentenza sarà depositata, tuttavia si può presumere che i procedimenti giudiziari in corso verranno sospesi. Peraltro è difficile valutare le conseguenze della decisione che fa riferimento solo all’articolo 3, comma 1 del decreto legislativo 23/2015 (trascinando con sé però anche gli indennizzi per le aziende che hanno fino a 15 addetti - articolo 9 del Dlgs 23), mentre dovrebbe lasciare invariato l’impianto complessivo delle tutele crescenti per tutti gli altri casi di licenziamento e, tra l’altro, per l’offerta di conciliazione che è regolata in modo autonomo dall’articolo 6 del decreto.

Una volta dispiegati gli effetti della sentenza della Corte costituzionale, si dovrà poi vedere se il Governo o il Parlamento interverranno, con quali modalità e in che direzione per correggere la norma. In caso di nuovo provvedimento normativo, potrebbe crearsi un regime intermedio, cioè quello intercorrente tra la decisione della Consulta e il futuro quadro normativo.

Nulla cambia, invece, per un datore di lavoro che deve assumere una persona da oggi. Le tutele crescenti scattano infatti in fase di fine rapporto, mentre non esplicano alcun effetto all’inizio dello stesso, fatta eccezione per i casi di accordo tra le parti che andavano in deroga al Jobs act. Si tratta di intese con cui il datore di lavoro, a titolo di “benefit” si impegna ad applicare le regole dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori in caso di licenziamento. Accordi la cui tenuta in fase di contenzioso è tutta da verificare, dato che il giudice è chiamato a decidere in base alla normativa vigente e non alle intese tra azienda e dipendente.

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