Contenzioso

Stipendio da dipendente alla collaboratrice che promuove piani tariffari

di Giampiero Falasca

La promotrice di piani tariffari telefonici, inserita nell'organizzazione del committente, ha diritto alle differenze retributive rispetto agli stipendi che avrebbe maturato se fosse stata assunta come dipendente. Con questa decisione il Tribunale di Bergamo (sentenza del 30 giugno 2022) conferma la grande vitalità, in chiave di estensione delle tutele verso i rapporti di lavoro parasubordinato, dell'articolo 2, comma 1-bis, del Dlgs 81/2015, norma introdotta da uno dei decreti attuativi del Jobs act.

La causa era stata promossa da una donna che aveva lavorato in favore di un'impresa con l'incarico di procurare nuovi clienti di telefonia; il rapporto era disciplinato da un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ma il suo svolgimento concreto era stato caratterizzato da un marcato inserimento della lavoratrice all'interno dell'organizzazione del committente (aveva lavorato per sei giorni alla settimana presso uno stand allestito all'interno di un centro commerciale, seguendo un orario fisso, e aveva dovuto rispettare i turni assegnati dalla società).

Il Tribunale ha accolto la richiesta della collaboratrice, partendo dalla considerazione che gli elementi emersi durante l'istruttoria fossero idonei a dimostrare l'inserimento della lavoratrice nell'organizzazione del committente.Circostanza, questa, sufficiente a far applicare l'articolo 2, comma 1-bis, anche alla luce dei principi elaborati dalla Corte di cassazione (sentenza 1663/2020), che ha chiarito come basti la sussistenza di «taluni indici fattuali ritenuti significativi (personalità, continuità, etero-organizzazione)» per giustificare l'applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato.La sussistenza di tali indici esonera il giudice dalla necessità di svolgere ogni ulteriore indagine, liberandolo dal peso di dover intervenire sulla qualificazione del rapporto.

Il Tribunale ricorda anche l'inciso della sentenza della Suprema corte in cui è stato evidenziato che, in presenza della nuova norma del Dlgs 81/2015, «non ha decisivo senso interrogarsi sul se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell'autonomia, perché ciò che conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l'ordinamento ha statuito espressamente l'applicazione delle norme sul lavoro subordinato».

Questo ragionamento logico-giuridico, ineccepibile rispetto al contenuto della norma e della giurisprudenza di legittimità, mette in risalto il grande impatto, in chiave di ampliamento delle tutele, che può avere il meccanismo dell'articolo 2, perché consente al giudice di arrivare prima, e con meno sforzo, a un risultato che, altrimenti, sarebbe più complesso da raggiungere.

Nel caso specifico, il Tribunale ha anche escluso la possibilità di ricondurre l'attività della collaboratrice all'accordo collettivo del 30 luglio 2015 (con il quale sono state sottratte dall'ambito di applicazione del Jobs act alcune attività), in quanto la semplice promozione, fatta di persona, di piani tariffari finalizzata alla stipula di contratti telefonici non rientra tra le attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center outbound.

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