Rapporti di lavoro

Nessun ticket di licenziamento per le società in procedura fallimentare

di Alberto Bosco

Nell'ambito delle tanto discusse misure contenute nel decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 (cd. decreto Genova), convertito in legge, con modifiche, dalla legge 16 novembre 2018, n. 130 con decorrenza dal 20 novembre 2018 scorso, ve ne sono un paio che riguardano direttamente i datori di lavoro che si trovino in alcune specifiche situazioni.

L'articolo 43-bis del citato D.L. n. 109/2018 (inserito dalla legge di conversione), infatti, dispone l'esonero dal pagamento delle quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto e del contributo, previsto dall'articolo 2, co. 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, per le società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria.

L'art. 2, co. 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92, stabilisce che, nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI (oggi NASpI), intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni.

Nel computo dell'anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30.

In particolare, la disposizioni richiamata prevede che, per gli anni 2020 e 2021, le società sottoposte a procedura fallimentare o in amministrazione straordinaria alla data del 20 novembre 2018, le quali abbiano usufruito del trattamento di integrazione salariale straordinaria negli anni 2019 e 2020, ai sensi dell'articolo 44 del medesimo D.L., previa autorizzazione dell'Inps a seguito di apposita richiesta, sono esonerate dal pagamento:
a) delle quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto al Fondo di tesoreria Inps, relative alla retribuzione persa a seguito della riduzione oraria o sospensione dal lavoro;
b) del contributo previsto dall'articolo 2, co. 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

In sintesi, l'art. 44 prevede che, in deroga agli artt. 4 e 22 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, dalla data di entrata in vigore del decreto e per gli anni 2019 e 2020, può essere autorizzato sino a un massimo di 12 mesi complessivi, previo accordo in sede governativa presso il Ministero del lavoro, anche in presenza del Ministero dello sviluppo economico e della Regione interessata, il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale se l'azienda ha cessato o cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attività con conseguente riassorbimento occupazionale, secondo le disposizioni del D.M. 25 marzo 2016, n. 95075, o laddove siano possibili interventi di reindustrializzazione del sito produttivo, nonché in alternativa attraverso specifici percorsi di politica attiva del lavoro posti in essere dalla Regione, nel limite delle risorse stanziate ai sensi dell'art. 21, co. 4, del D.Lgs. n. 148/2015, e non utilizzate, anche in via prospettica. In sede di accordo governativo è verificata la sostenibilità finanziaria della CIGS e nell'accordo è indicato il relativo onere finanziario. Gli accordi sono trasmessi al Ministero dell'economia e all'Inps per il monitoraggio mensile dei flussi di spesa per l'erogazione delle prestazioni: se è stato raggiunto o sarà raggiunto il limite di spesa, non possono essere stipulati altri accordi.

Tali benefìci sono riconosciuti nel limite di spesa complessivo di 16 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021.
Il comma 2 dispone che, ai fini del monitoraggio della spesa, l'Inps verifica con cadenza mensile i flussi di spesa e, qualora da tale monitoraggio, effettuato anche in via prospettica, emerga che, a seguito delle domande accolte per la fruizione dei benefìci di cui al comma 1, è stato raggiunto o sarà raggiunto il limite di spesa, l'Istituto non prende in considerazione ulteriori domande e pone gli adempimenti di propria competenza per ripristinare in capo a tali aziende gli oneri relativi ai benefìci di cui sopra, dandone comunicazione al Ministero del lavoro e al Ministero dell'economia e delle finanze.

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