Ccnl metalmeccanici industria, una tantum
La risposta è Sì. L’accordo prevede testualmente che “Con la retribuzione afferente il mese di marzo 2017, a tutti i lavoratori in forza alla data del 1° marzo 2017, sarà corrisposta a titolo di una tantum una somma forfetaria pari ad 80,00 euro lordi.” Quindi, con riguardo al panorama dei lavoratori beneficiari, l’unico requisito richiesto dall'accordo è l’esistenza del rapporto di lavoro al 1° marzo 2017. Anche da una lettura più ampia dell’intero accordo di rinnovo nulla si rileva circa la volontà delle parti di riproporzionare l’una tantum in relazione all'anzianità individuale del lavoratore. Per part time e lavoro a chiamata, l’accordo di rinnovo non specifica nulla al riguardo, pertanto si ritengono applicabili le disposizioni normative generali che regolano i due specifici istituti. Per il part-time, l’art. 7 del Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, prevede che “Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento. Il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa…”. Il principio da applicare, dunque, è quello generale del “riproporzionamento” del trattamento economico in ragione della percentuale di part-time pattuita con il lavoratore. Peraltro, tale principio è presente anche nel CCNL in esame (non potrebbe essere altrimenti) laddove viene regolata la prestazione a tempo parziale: “Il lavoratore a tempo parziale beneficia dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile e di un trattamento riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa.” Per il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata o job on call), in assenza di disciplina contrattuale, si deve ricorrere, al pari del part-time, alle sole disposizioni generali fissati dalla legge, in particolare all’art. 17 del Decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, laddove precisa che “Il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello. Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale.” Sui criteri del riproporzionamento, tuttavia, nulla dice il decreto 81/2015, né tantomeno regola il CCNL in esame. Posto che il lavoro intermittente è ontologicamente assimilato ad un part-time verticale, e considerato che la norma individua quale parametro per ogni ragguaglio economico, normativo e previdenziale la “prestazione lavorativa effettivamente eseguita”, si ritiene che il periodo da prendere a riferimento per il riproporzionamento possa essere il periodo più ampio che un rapporto part-time verticale possa prevedere ossia l’ultimo anno di lavoro. Si potrebbe dunque calcolare una sorta di percentuale di part-time calcolata come appresso: ore retribuite negli ultimi 12 mesi di rapporto : (diviso) ore retribuibili ad un lavoratore full-time negli ultimi 12 mesi x (moltiplicato) 100.