Lavoro nero, l’offensiva della Gdf con le pagelle contributive
Arrivano le pagelle contributive. Dopo gli indici sintetici di affidabilità fiscali (Isa), che hanno spedito in soffitta gli studi di settore, da quest’anno entrano in scena in via sperimentale anche gli «Isac»: nuovi indicatori in grado di valutare il livello di affidabilità contributiva di ciascun datore di lavoro. In fase di realizzazione da parte di Sose per conto dell’Inps e oggetto di un’apposita convenzione triennale sottoscritta nei mesi scorsi tra l'istituto di previdenza, le Dogane, le Entrate e la Guardia di Finanza - come spiega Giuseppe Arbore, capo del terzo reparto operazioni del Comando generale delle Fiamme Gialle -, «l’Isac, oltre a essere un valido e affidabile strumento della compliance, sarà utilizzato per la selezione di chi svolge attività di lavoro autonomo e di soggetti economici ritenuti a più alto rischio di evasione contributiva».
Come si legge nella convenzione Inps sottoscritta con tutte le componenti dell’amministrazione finanziaria, l’Isac è nei fatti un sistema di indicatori elementari di affidabilità e di anomalia sul lavoro regolare, aggregabile, con particolari ponderazioni, in uno o più indici sintetici e finalizzato a misurare l’attendibilità del datore di lavoro in relazione alle dichiarazioni contributive per l’eventuale emersione del lavoro nero. Con lo stesso indicatore si possono evidenziare basi imponibili ed eventuale lavoro fittizio.
L’attività di contrasto al lavoro nero, per il 2019, rappresenta uno dei tre obiettivi strategici indicati nella circolare operativa (si vedano anche le schede a sinistra) con cui sono state fissate le linee d’azione e la programmazione operativa per i reparti delle Fiamme Gialle. Con l’arrivo del reddito di cittadinanza, oltre al piano operativo volto al controllo mirato sulle prestazioni sociali agevolate con particolare riferimento alle dichiarazioni sostitutive uniche (Dsu) e agli indicatori della situazione economica equivalente (Isee), «sarà intensificata l’azione di contrasto al sommerso - spiega Arbore - concentrandosi sull’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro».
Per sfruttamento si deve intendere soprattutto il caporalato. «Abbiamo registrato in questi ultimi anni una diffusione del reato che ha riguardato in misura significativa l’agricoltura», sottolinea il capo del terzo reparto. Non solo. Per Arbore l’aggressione al fenomeno del caporalato «consente, anche attraverso l’utilizzo di strumenti come la confisca per equivalente e la confisca per sproporzione, di poter disarticolare, sul piano patrimoniale, organizzazioni criminali che lucrano importanti profitti sulla domanda di manodopera irregolare».
Attenzione anche all’esternalizzazione dei cicli produttivi. Arbore ricorda come «le imprese sempre più spesso ricorrano a queste modalità. E in questo senso abbiamo invitato i reparti a concentrarsi su specifiche violazioni come l’esercizio non autorizzato delle attività di somministrazione di manodopera, nonché gli appalti cosiddetti “non genuini”».
Dal 1° gennaio i reparti hanno già ricevuto indicazioni puntuali su come e dove controllare. «Con una approfondita analisi del territorio e grazie alla progressiva interoperabilità delle banche dati disponibili - spiega il generale di brigata - abbiamo georeferenziato i fenomeni di illegalità economico-finanziaria più pericolosi, gravi e diffusi, in modo da orientare l’azione delle unità operative in funzione delle caratteristiche delle varie aree geografiche del Paese e di concentrare l’attenzione sui soggetti connotati da più elevati profili di rischio, a tutela degli operatori onesti e rispettosi delle regole».
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