Previdenza

È ufficiale: la speranza di vita ritarda la pensione di 5 mesi

di Matteo Prioschi e Fabio Venanzi

Nel biennio 2019-2020 i requisiti per andare in pensione si alzeranno di cinque mesi. La variazione è stata ufficializzata ieri con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del Ragioniere generale dello Stato di concerto con il direttore generale delle politiche previdenziali e assicurative del ministero del Lavoro. A fronte della variazione della speranza di vita per i 65enni rilevata dall’Istat nel triennio 2014-2016, i requisiti principali richiesti per le varie forme di pensionamento subiranno un incremento di 5 mesi nel 2019-2020 rispetto ai limiti in vigore quest’anno e il prossimo.

Per la pensione di vecchiaia ancora oggi agli uomini sono richiesti 66 anni e 7 mesi, minimo previsto anche per le dipendenti del settore pubblico, mentre per le dipendenti del privato bastano 65 anni e 7 mesi e alle autonome 66 anni e 1 mese. Nel 2018 scatterà il minimo a 66 anni e 7 mesi per tutti, quale conclusione, già prevista dalle norme, del processo di equiparazione tra uomini e donne. Nel 2019-2020 per la pensione di vecchiaia saranno necessari 67 anni di età.

Ma l’adeguamento alla speranza di vita fa sentire i suoi effetti anche sulle altre tipologie di pensioni. Per quella anticipata, che si raggiunge a fronte di un determinato numero di anni di contributi indipendentemente dall’età, dagli attuali 42 anni e 10 mesi per gli uomini si salirà a 43 anni e 3 mesi, mentre le donne passeranno da 41 anni e 10 mesi a 42 anni e 3 mesi.

Ritocco all’insù pure per lo sconto che si applica ai lavoratori precoci, cioè quelli che hanno versato almeno 12 mesi di contributi prima di compiere i 19 anni di età. Dagli attuali 41 anni si passerà a 41 anni e 5 mesi, senza distinzione tra uomini e donne.

Cresceranno, inoltre, le quote, cioè la somma tra età e anni di contribuzione, con cui vanno in pensione i lavoratori che svolgono mansioni usuranti. La quota minima oggi pari a 97,6 diventerà di 98. In questo caso l’aumento è di 0,4 perché non si tratta di mesi ma di mesi rapportati in decimi (mentre l’anno ha dodici mesi).

Infine, tra le principali tipologie di pensione, saranno necessari 67 anni anche per l’assegno sociale, che peraltro nel 2018 già sale a 66 anni e 7 mesi rispetto ai 65 anni e 7 mesi sufficienti quest’anno.

L’adeguamento alla speranza di vita farà sentire i suoi effetti anche sull’Ape, l’anticipo pensionistico introdotto un anno fa e che sta diventando realtà, tra mille difficoltà, in queste settimane (almeno quello sociale). Dunque, come già affermato dal governo nei giorni scorsi, i provvedimenti per modificare il contestato meccanismo dell’adeguamento dei requisiti che sarà inserito nella legge di bilancio in discussione ora alle Camere, farà sentire i suoi effetti solo dal 2021. Salvo un’esclusione dall’aumento dei 5 mesi per determinate categorie di lavoratori (una quindicina) addetti a mansioni gravose.

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