Contrattazione

La fuga dei piloti Ryanair «a partita Iva» con ferie e malattie non pagate

di Cristina Casadei

«Le mie ferie? Un mese all’anno. Senza ricevere alcuna retribuzione. La malattia? Per un giorno basta l’autocertificazione. Oltre serve un certificato in lingua inglese. La malattia è retribuita? Si capisce bene dalla busta paga che è un rimborso spese per ore volate». È, questo, il racconto della rivoluzione del lavoro per i piloti di Ryanair, quella di cui nessuno deve, a volte forse vuole, sapere nulla. L’unica dichiarazione di Ryanair è che «rispetta pienamente tutte le normative europee». La priorità, allo stato attuale, sono i voli cancellati alla cui origine sembrerebbe esserci una fuga di piloti. Il ceo Michael O’Leary smentisce la notizia dicendo che «Ryanair non è a corto di piloti». La Norwegian, che la scorsa settimana ha siglato il contratto del trasporto aereo italiano, dice però che quest’anno ha assunto 140 piloti provenienti da Ryanair: O’Leary dice che solo 100 dei 4.200 piloti hanno lasciato la compagnia e che sono stati sostituiti.

«Appena può uno se ne va. Fino a poco tempo fa il mercato era fermo, adesso si è riaperto». E apriti cielo. Chi parla è un ex pilota Ryanair che ci ha raccontato i suoi anni nella compagnia. Il contratto collettivo nazionale di lavoro italiano non c’è e i sindacati neppure. Ma sotto quale cielo inizia il rapporto di lavoro con Ryanair? Nessuno vuole parlare. Chi lo fa, deve poi rassegnarsi a fare un passo indietro rispetto al suo incarico, chi invece se ne va perché ha trovato un altro lavoro deve firmare una lettera di dimissioni in cui dichiara che non fornirà alcuna informazione sul suo lavoro. «Prendere o lasciare, in Ryanair è così e questo lo sai dal primo giorno in cui sali a bordo». Le regole sono chiare ma sono diverse da quelle del mercato del lavoro italiano dove innanzitutto un addetto che lavora regolarmente e continuativamente su turni deve avere un contratto di lavoro, contributi e assicurazione.

Cerchiamo di capire di più. Torniamo dal nostro pilota. Una volta superata la selezione, «se non si strappa un contratto di lavoro dipendente, direct, come accade alla maggior parte dei piloti, si deve aprire una Limited, in Irlanda. Si può essere in più persone. Poi si viene assunti attraverso un’agenzia interinale». Ma il contratto di lavoro cosa prevede? «In realtà si tratta di una partita Iva, in cui si percepisce un rimborso spese per ora di servizio schedulata e volata». Ma può un pilota essere un lavoratore autonomo? «I turni di lavoro sono pubblicati con un mese di anticipo e c’è visibilità per i mesi successivi, secondo lo schema 5 giorni di lavoro e 4 di riposo».

Dopo un addestramento «di un paio di settimane insieme al comandante istruttore, in cui non si viene pagati, parte la busta paga con 20 euro all’ora volata. In poco tempo si passa a 50. Se si fa carriera si arriva ai 90 del comandante. Ci sono però anche contratti che prevedono oltre 120 euro». Considerato che un pilota vola in media 80 ore al mese la forchetta varia tra 1.600 euro e 10mila euro. Netti? Lordi? «Netti, lordi, per alcuni è un po’ la stessa cosa. Se uno apre un conto corrente in Irlanda e fa arrivare lì le buste paga, in Italia risulta nullatenente. Altrimenti si può compilare il modello Unico». Dove si pagano le tasse? E i contributi? E l’assicurazione? In Irlanda? La compagnia lì ha la sede e lì paga le tasse sul lavoro, ma i lavoratori che hanno la base di servizio in un aeroporto italiano, come per tutte le compagnie, devono risiedere nei pressi della loro base. Quindi in Italia. Non è un caso che una sentenza della Corte di giustizia della Ue ha stabilito che Ryanair non può imporre la legislazione irlandese agli equipaggi che sono basati in altri Stati membri.

Anche se sono tagliati fuori dall’azienda, i sindacati non stanno zitti. «Chi lavora in questo mondo dovrebbe sapere che arrivare al punto di cancellare i voli per cause organizzative è sempre una sconfitta, quindi il rimborso economico è sacrosanto e va dato ai passeggeri», dice Emiliano Fiorentino della Fit-Cisl. «Il problema sta nel management, che ha gestito e pianificato l’attività di volo, incurante delle giornate di ferie e riposo necessarie per il personale navigante», continua. Nino Cortorillo della Filt Cgil, che ha più volte sollecitato un incontro con il vertice della compagnia, dice: «Ryanair ha scoperto che i dipendenti hanno diritto alle ferie» e «si accorge inoltre che i propri piloti possono andarsene dove le condizioni sono più vantaggiose e dove magari le ferie non sono una variabile di cui ci si può dimenticare».

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