Contenzioso

Rientrano nel comporto le malattie riconducibili allo stato di invalidità

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

I giorni di malattia riconducibili allo stato di invalidità da cui è affetto il lavoratore disabile sono computabili nel periodo di comporto e non sussiste alcuna forma di discriminazione indiretta nel caso di licenziamento per superamento del periodo massimo di malattia. Ai fini del trattamento delle assenze per malattia, non è plausibile alcuna distinzione tra i lavoratori con handicap e gli altri, posto che la disabilità è una condizione neutra rispetto all’insorgenza di uno stato di malattia che inibisca la prestazione lavorativa.

Sulla scorta di questi rilievi, il Tribunale di Lodi (sentenza 19/2022 del 12 settembre) ha rigettato l’impugnazione del licenziamento intimato per superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro nei confronti di una lavoratrice assunta come disabile in base alla legge 68/1999.

La tesi della lavoratrice era che, siccome il periodo di malattia era stato determinato dalla condizione di inabilità, i giorni di assenza non potevano essere ricompresi nel calcolo del periodo di comporto. Di conseguenza, la società si era resa responsabile di una condotta discriminatoria e il licenziamento doveva ritenersi nullo.

Il Tribunale di Lodi non condivide questa impostazione e osserva che l’articolo 2110 del Codice civile, in forza del quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro in caso di malattia fino a un periodo massimo fissato dai contratti collettivi, non prevede alcuna distinzione tra lavoratori disabili e non. La norma è «pacificamente applicabili a tutti i lavoratori» e non tratta in modo differente la malattia legata alla disabilità rispetto a quella delle altre categorie di lavoratori.

Il Tribunale lodigiano rimarca che il disabile non è, per ciò stesso, maggiormente soggetto a malattia, né si può affermare che alla disabilità si accompagni una patologia che impone periodi di assenza per malattia. Il lavoratore disabile, in altri termini, non è un lavoratore malato né la disabilità è una nozione che coincida con quella di malattia. Malattia e disabilità sono concetti che vanno tenuti distinti: la prima è uno stato morboso che impedisce in assoluto di lavorare, mentre la seconda è uno stato invalidante che pone limitazioni alla capacità di svolgere le mansioni, senza in alcun modo escluderle.

Il giudice sottolinea che l’equazione per cui la disabilità equivale a malattia è un assioma che non può essere avallato sul piano di realtà. Vi sono lavoratori non disabili affetti da malattie croniche o gravi (si pensi ai malati oncologici, ai soggetti colpiti da emicranie) che non beneficiano di nessuna forma di esenzione rispetto al periodo di comporto. Allo stesso modo, vi sono lavoratori disabili la cui condizione (non vedenti, non udenti, soggetti privi di arti) non presuppone di osservare periodi di assenza per malattia. Gli esempi confermano che non vi sono ragioni che possano giustificare un trattamento differenziato del periodo di comporto per i disabili.

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