Rapporti di lavoro

Convegno Agi, mobilità internazionale sotto la lente dei giuslavoristi

di N.T.

Si è chiusa sabato scorso a Trieste, con due tavole rotonde dedicate alla mobilità internazionale delle imprese e dei lavoratori, l'edizione 2022 del Convegno nazionale degli Avvocati giuslavoristi italiani (Agi) intitolata “Il lavoro e l'impresa nell'Italia che riparte”. All'evento hanno prese parte oltre 600 tra avvocate e avvocati e rappresentanti del mondo delle istituzioni, dei sindacati, dell'impresa, dell'accademia, delle professioni e della magistratura, con cinque tavole rotonde e cinque workshop tematici. Tre giorni di confronto sul diritto del lavoro e della “ripartenza” (anche per le libere professioni) cercando un nuovo equilibrio tra gli interessi delle imprese, delle lavoratrici e dei lavoratori che sia garanzia per tutti di permanenza, e non solo “sopravvivenza”, all’interno del mercato.
In apertura dei lavori la presidente dell'Agi, Tatiana Biagioni, ha voluto sottolineare «la positiva alterità di una associazione di avvocate e avvocati come Agi, che riunisce due anime, una pro labour e una datoriale, che fanno del diritto del lavoro uno straordinario terreno di sintesi» e ha fatto poi un appello in un momento tanto delicato per il Paese: «Il dialogo, di qualità e con competenza - ha detto - è uno strumento fondamentale per affrontare i problemi nel merito e per la ripartenza del sistema-Italia. La ripresa italiana - ha quindi aggiunto Biagioni - è strettamente interconnessa alle dinamiche internazionali e comunitarie, così come sono interdipendenti le strategie che introdurranno i Governi per il mercato del lavoro. In questa prospettiva crediamo sia fondamentale confrontarci con i colleghi di altri Stati, nella speranza di costruire un diritto del lavoro europeo».
Nella prima tavola rotonda di sabato, intitolata “La mobilità internazionale dei lavoratori” e coordinata dalla giuslavorista Emanuela Nespoli, hanno prese parte l'avvocata Raquel Florez Escobar (Spagna); il professore e avvocato Björn Gaul (Germania); l'avvocata Marianne Granhøi, (Danimarca); l'avvocato Olivier Kress (Francia); l'ordinaria di Diritto del Lavoro dell'Università di Trieste, Roberta Nunin e l'avvocata Roberta Papa (Svizzera).
Alla fine della prima sessione, l'avvocata Nespoli ha sintetizzato alcuni spunti del confronto: «Quello che è emerso dalla discussione - ha sottolineato - è che il cuore della tutela prevista dalla normativa europea in materia di mobilità transnazionale dei lavoratori è stato recepito in modo sostanzialmente uniforme da Paesi europei come Francia, Germania, Danimarca, Spagna e parzialmente in Paesi non comunitari come la Svizzera, pur restando differenze definitorie degli istituti, per esempio per i lavoratori distaccati, nelle diverse legislazioni nazionali restano tuttavia nodi da sciogliere e “zone grigie” su cui il legislatore europeo deve ancora intervenire. Il riferimento è per esempio alla differenza esistente tra lavoratore distaccato e lavoratore che esercita la propria attività da remoto in altro stato membro rispetto a quello di assunzione».
Nella seconda tavola rotonda, intitolata “La mobilità internazionale delle aziende e il dumping sociale” e coordinata da Raffaele De Luca Tamajo, professore emerito di Diritto del lavoro dell'Università di Napoli Federico II e presidente del Comitato scientifico Agi. Alla discussione hanno preso parte Adalberto Perulli, avvocato e ordinario di Diritto del lavoro dell'Università Ca' Foscari di Venezia; l'avvocato Giacinto Favalli; Massimiliano Marinelli, avvocato e ordinario del Dipartimento di scienze giuridiche dell'Università di Palermo; Vania Brino, ordinaria di Diritto del lavoro dell'Università Ca' Foscari di Venezia e Maria Dolores Ferrara, associata di Diritto del lavoro dell'Università di Trieste.
«Se un tempo ciò che era mobile erano solo le merci, non i fattori della produzione che restavano localizzati, oggi è cambiato tutto: capitale e lavoro sono mobili - ha commentato l'avvocato De Luca Tamajo - la mobilità dei capitali in un mercato aperto è potenzialmente senza limiti con rischi sull'occupazione e sui diritti dei lavoratori. Quali allora gli strumenti per limitare questi fenomeni? È una problematica complessa, delicata, perché non dobbiamo dimenticare che misure di tipo protezionistico, se da una parte impediscono l'uscita delle imprese, rischiano di minare l'ingresso di capitali e di investimenti. Una problematica che ripropone l'eterna dialettica della nostra materia dove le logiche del capitalismo non conoscono barriere e confini e i rimedi sono di tipo prevalentemente procedurale».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©