Ape volontario, perso un anno
Concepito per aprire una finestra di uscita anticipata dal mercato del lavoro ai nati tra il 1951 e il 1953, l’Ape volontario (anticipo finanziario a garanzia pensionistica) rischia di perdere il primo dei due anni di sperimentazione. Il decreto con le disposizioni attuative, firmato il 4 settembre dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, non è ancora arrivato alla Gazzetta Ufficiale. Il testo, 20 articoli con l’allegata modulistica per le domande di certificazione del diritto, resta al vaglio della Corte dei conti e nessuno dei tecnici vicini al dossier se la sente di fare un’ipotesi sui tempi della sua pubblicazione. Ieri qualche nuovo passo avanti è stato fatto verso la chiusura degli accordi quadro con Abi e Ania in cui si definiscono i contratti del prestito-ponte, il finanziamento assicurato che verrà poi rimborsato con un rateo ventennale una volta erogata la pensione. Ma non è stata ancora detta l’ultima parola sul pricing, ovvero il costo finale del prestito ponte (nelle ultime settimane s’era parlato di un Taeg del 3,2%). Un costo complessivo che comprende la copertura assicurativa obbligatoria per il rischio premorienza, assistita, in ultima istanza, dalla garanzia dello Stato.
È una buona notizia, perché stando al Dpcm i tempi per chiudere quegli accordi sarebbero stati di 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta. Si farà prima ma non sarà abbastanza per far arrivare il primo “apista” alla meta entro novembre o dicembre. Prima di attivare e far girare il sistema telematico delle certificazioni dei requisiti Ape e il simulatore della pensione con rateo di rimborso, l’Inps dovrà definire le sue istruzioni che dovranno a loro volta incassare il nulla-osta del ministero del Lavoro. Che ieri ha dato il via libera alla circolare sul cumulo gratuito dei periodi assicurativi non coincidenti, ovvero dei contributi previdenziali versati alle casse di previdenza dei professionisti (si veda pagina 30). Anche se Inps riuscisse a pubblicare in tempi record le disposizioni operative, l’Istituto potrebbe non rispondere subito alle domande di certificazione Ape visto che la norma prevede una scadenza di 60 giorni.
Insomma, per vedere se funzionerà e quanto risulterà appetibile per lavoratori e imprese (nella versione Ape aziendale) questa flessibilità a costo zero per lo Stato bisognerà aspettare ormai il 2018. Anno in cui il Governo dovrebbe decidere se chiudere la sperimentazione oppure rendere strutturale la misura. Ma nelle ultime ore prende quota anche l’ipotesi d’inserire in manovra un prolungamento di altri 12 mesi della sperimentazione. Vale ricordare che entro sei mesi dalla pubblicazione in Gazzetta del Dpcm chi ha maturato i requisiti Ape lo scorso 1° maggio potrà chiedere gli arretrati muovendosi all’interno della griglia che fissa al 75% della pensione il trattamento di anticipo se chiesto oltre i 36 mesi e al 90% se l’Ape richiesta non supera i 12 mesi.
Intanto si avvicina l’altra scadenza per l’Ape sociale. Entro il 15 ottobre Inps dovrà comunicare l’esito delle domande per l’ammortizzatore sociale e per la pensione anticipata dei lavoratori precoci presentate 3 mesi fa. In caso di non accoglimento, dovrà motivare per consentire ai lavoratori di presentare un’istanza di riesame oppure, nel caso dell’Ape, una nuova domanda entro il 15 novembre. Ieri sulla questione è intervenuto il segretario confederale Uil, Domenico Proietti: «L’Inps deve necessariamente procedere ad un riesame della prima domanda se il lavoratore produce i documenti mancanti o se questi sono reperibili negli archivi dell’Istituto o di altre pubbliche amministrazioni».