Pensioni d’oro, accordo sui tagli oltre i 4.500 euro netti al mese
Le diffuse critiche dell’ultimo mese non hanno fermato il cammino della proposta di legge M5S-Lega sul “ricalcolo” delle cosiddette “pensioni d’oro”. Il testo, che ha come primi firmatari i capigruppo dei due partiti di maggioranza, Riccardo Molinari e Francesco D’Uva, è stato depositato ieri in commissione Lavoro alla Camera. Si prevede una riduzione delle quote retributive delle pensioni e degli assegni vitalizi superiori a 4.500 euro netti al mese (90mila euro lordi l’anno), due soglie maggiorate rispetto a quelle di 4mila euro mensili netti (80mila annui lordi) previste nella bozza circolata tra luglio e agosto.
L’impianto, aspramente criticato anche dall’esperto di previdenza della Lega, Alberto Brambilla, non è cambiato.
La correzione di questi assegni verrebbe realizzata sulla base delle età del ritiro, utilizzando il quoziente tra i coefficienti di trasformazione delle età dei pensionati rispetto a un’età di riferimento ridefinita. Un criterio che, secondo i proponenti, dovrebbe assicurare un migliore equilibrio attuariale degli assegni rispetto ai contributi versati e reggere al vaglio di costituzionalità.
Le risorse risparmiate con questa operazione verrebbero destinate a un Fondo ad hoc da utilizzare per finanziare l’aumento a 780 euro delle pensioni minime e delle pensioni sociali.
Nel testo pubblicato dalla Camera si prevede un intervento anche sui trattamenti pensionistici dei sindacalisti e l’adeguamento al “ricalcolo” anche degli organi costituzionali nell’ambito della loro autonomia.
Ieri, sulle ipotesi di un reddito e di una pensione “di cittadinanza” è tornato a tuonare Alberto Brambilla. Il presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali è stato netto: «basta con questa litania. Non è così che si risolvono i problemi» ha affermato dopo aver ricordato che in Italia il 55% del totale della spesa pubblica è già indirizzato in politiche sociali, ossia in pensioni - che sono in equilibrio -, sanità e assistenza sociale. Servono, secondo Brambilla, una razionalizzazione della spesa assistenziale e maggiori incentivi per nuove assunzioni a tempo indeterminato, diretti in particolare a «under29, donne 50enni e in generale over56 che faticano a essere reinseriti nel mondo del lavoro».
Ieri è intervenuto anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in audizione davanti all’Ufficio di presidenza del Senato sul tema del ricalcolo contributivo dei vitalizi. Facendo indirettamente riferimento a “quota 100”, Boeri ha detto che sarebbe “paradossale” abbassare i requisiti per il ritiro anticipato dal mercato del lavoro «senza alcuna riduzione attuariale» delle nuove pensioni proprio nel momento in cui si chiede ai parlamentari di «avvicinare i propri trattamenti al regime contributivo». Se, con la prima operazione, pensata per i vitalizi di Camera e Senato, si potrebbero ottenere risparmi per 56 milioni di euro (più altri 55 milioni estendendo il ricalcolo ai consiglieri regionali), con la seconda si appesantirebbe «di oltre cento miliardi il debito pensionistico che grava sulle giovani generazioni».