Previdenza

Pensioni, nel decreto rinnovo per Ape social e opzione donna

di Davide Colombo

Al conto alla rovescia per il decreto d’inizio anno che farà partire la sperimentazione di “quota 100”, il nuovo Reddito e la “pensione di cittadinanza” partecipano anche le lavoratrici che puntano su “opzione donna”, i precoci in attesa della prima finestra utile per il ritiro e i candidati all’Ape sociale. Per non parlare di tutti i lavoratori che in questi primissimi giorni dell’anno maturano i 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi se donne) per il pensionamento anticipato. Tutti casi in cui i termini sono scaduti con il vecchio anno e ora dovranno essere riaperti.

L’impegno del governo è noto e dovrebbe essere confermato la prossima settimana con il varo del decreto. Insieme con “quota 100”, ovvero la possibilità di pensionamento anticipato nel triennio 2019-2021 con i requisiti minimi di 62 anni e 38 di contributi, ci saranno pure le proroghe di “opzione donna” e Ape sociale. Almeno per un altro anno. Nel primo caso viene riconosciuta la possibilità di anticipo alle lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1959 (1958 per le autonome) con versamenti pari o superiori a 35 anni. Una “quota 95” che porterà con sé il ricalcolo contributivo dell’assegno. Nel secondo caso, per ex lavoratori in condizioni di disagio con 63 anni e 30 di contributi (36 se impegnati in mansioni gravose) si riapriranno invece i termini per la richiesta dell’anticipo pensionistico non oneroso della durata massima di 43 mesi.

Il decreto dovrà fissare le nuove decorrenze, visto che non lo si è fatto con la legge di Bilancio. E dovrà anche sterilizzare ex post gli adeguamenti di 5 mesi alla speranza di vita per i requisiti di anticipo, confermando appunto i 42 anni e 10 mesi (41 + 10 per lavoratrici) e i 41 anni secchi per i precoci, ovvero i lavoratori con almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni che rientrino in specifiche condizioni di difficoltà. Si tratta di interventi minimi, su scadenze molto strette e che riguardano misure finanziate anche con parte dei fondi non utilizzati nel 2018 (è il caso dell’Ape sociale). Ma che, appunto, dovranno essere confermate con il decreto.

Il testo è ancora in fase di perfezionamento tecnico e dovrebbe arrivare in pre-consiglio martedì, per essere poi varato entro la settimana. Sarà un decreto unico, per le pensioni e il reddito di cittadinanza, che innesca una spesa aggiuntiva di 8,8 miliardi nel 2019 (4,9 per il Reddito di cittadinanza e 3,9 per le pensioni), nuove uscite correnti che nel triennio dovrebbero salire in termini cumulati a 37,9 miliardi (16,9 per il reddito di cittadinanza e 20,9 per finanziare le prime modifiche alla legge Fornero).

Ieri il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, è tornato a dare rassicurazioni sui tempi: «La pensione minima a 780 euro, come le pensioni di invalidità a 780 partiranno tra febbraio e marzo» ha affermato. Si tratta delle due misure che accompagnano il reddito di cittadinanza su cui, finora, non sono stati anticipati dettagli sui requisiti di riconoscimento. Dettagli fondamentali per capire la platea di riferimento, visto che nel 2018 risultavano in pagamento 2,8 milioni di pensioni (1,2 milioni le reversibilità, 183mila le invalidità) con un importo mensile loro inferiore ai 500 euro. Sul reddito di cittadinanza, invece, Di Maio ha affermato che «l’obiettivo è darlo agli italiani e ai lungo soggiornanti che abbiano dato un grande contributo al nostro Paese. Non stiamo dunque parlando dei 5 anni che ci sono nella bozza del decreto, che va cambiato».

Tornando a “quota 100” la sperimentazione triennale sarà accompagnata, nello schema messo a punto dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, da un’operazione di “pace contributiva” di durata perlomeno analoga per consentire il riscatto di periodi di mancati versamenti successivi al 1° gennaio 1996, fino a un massimo di cinque anni. Tra le opzioni in campo c’è quella di riconoscere una percentuale di detraibilità per il lavoratore o di deducibilità per il datore di lavoro che decida di versare il riscatto. Fonti vicine al dossier pensioni confermano, infine, l’ipotesi di intervenire via decreto anche sulle governance di Inps e Inail per reitrodurre i consigli di amministrazione cancellati nel 2010 con il dl 78. Per il passaggio ai nuovi assetti di vertice (non è noto se i Cda saranno di sei membri più il presidente oppure più snelli, e lo stesso vale per la composizione dei nuovi Consigli di indirizzo e vigilanza dove siedono i rappresentanti delle parti sociali) potrebbe anche scattare il commissariamento dei due istituti.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©