Contenzioso

Madre licenziata solo con colpa grave

di Serena Fantinelli e Uberto Percivalle

Per licenziare una lavoratrice madre non basta la giusta causa, ma serve il quid pluris della colpa grave. Questo il principio consolidato dalla sentenza della Corte di cassazione 2004/2017 depositata ieri, riguardante un licenziamento irrogato per “assenza ingiustificata” e invocando la clausola del contratto collettivo che consente la risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente rimasto «arbitrariamente assente dal servizio per oltre sessanta giorni consecutivi».

Nel caso in esame, la lavoratrice, con già alle spalle un licenziamento seguito da un ordine di riammissione in servizio, era stata trasferita presso un ufficio ove, tuttavia, non si era mai presentata, rimanendo assente ingiustificata per più di sessanta giorni consecutivi. All’assenza ha fatto seguito il licenziamento espressamente previsto dal contratto collettivo applicabile.

La lavoratrice ha impugnato il licenziamento, lamentandone la nullità per violazione della normativa a tutela della maternità (Dlgs 151/2001), che all’articolo 54 prevede espressamente il divieto di licenziamento della lavoratrice madre, salvo che non ricorra la colpa grave della stessa.

Sia il tribunale che la Corte di appello hanno rigettato il ricorso della lavoratrice osservando che, poiché l’assenza ingiustificata risultava sussumibile tra le cause di licenziamento per giusta causa previste dalla contrattazione collettiva, e poiché la lavoratrice non si era neppure presentata al momento del ripristino del rapporto di lavoro anche solo per fare presenti le proprie esigenze, tale condotta integrava la fattispecie della colpa grave prevista per legge.

La lavoratrice ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando, tra l’altro, che i giudici si sono limitati a verificare la sussistenza di una ipotesi prevista dal contratto collettivo, ma non hanno – come invece previsto dal decreto a tutela della maternità – proceduto a una «verifica della colpa».

La Corte, richiamando sia un proprio precedente (sentenza 19912/2011), che i principi espressi in materia di licenziamento della lavoratrice madre dalla Corte costituzionale (sentenza 61/1991), ha accolto le censure della lavoratrice, e ha statuito che la colpa grave della lavoratrice non può ritenersi integrata dalla sussistenza di un giustificato motivo soggettivo, ovvero da una situazione prevista dalla contrattazione collettiva quale giusta causa idonea a legittimare la sanzione espulsiva. È, invece, necessario verificare se ricorra quella colpa specificamente prevista dall’articolo 54 del Dlgs 151/2001 «e diversa, per l’indicato connotato di gravità, da quella prevista dalla disciplina pattizia per i generici casi d’inadempimento del lavoratore sanzionati con la risoluzione del rapporto».

In sostanza, ha sottolineato la Cassazione, «l’ambito di indagine rimesso al giudice di merito, al fine di stabilire la sussistenza della colpa grave costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro della lavoratrice madre, deve estendersi a un’ampia ricostruzione fattuale del caso concreto e alla considerazione della vicenda espulsiva nella pluralità dei sui componenti. Tale più esteso, articolato e completo ambito di indagine è conseguenza necessaria del carattere autonomo della fattispecie in esame e della sua peculiarità, in quanto la colpa grave, che giustifica la risoluzione del rapporto, è quella della donna che si trova in una fase di oggettivo rilievo nella sua esistenza, con possibili ripercussioni su piani diversi ed eventualmente concorrenti (personale e psicologico, familiare, organizzativo)».

La Cassazione ha quindi rimesso nuovamente la questione ai giudici dell’appello, chiedendo loro di svolgere l’indagine circa la sussistenza della colpa grave con «adeguato rigore valutativo», perché la situazione da verificare deve essere di gravità tale da giustificare non solo la risoluzione del rapporto di lavoro, ma anche l’esclusione di quel divieto di licenziamento posto dalla legge per attuare la tutela costituzionale della maternità e dell’infanzia.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©