Rapporti di lavoro

«Abbiamo 1 milione di posti che non riusciamo a coprire»

L’allarme della ministra Marina Calderone sul paradosso della distanza tra domanda e offerta in un Paese con due milioni di disoccupati e un tasso di disoccupazione giovanile al 22,4 per cento

 Marina Calderone è intervenuta al Forum Confcommercio

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Dopo Giuseppe Valditara, che lo scorso dicembre, prima dell’avvio delle iscrizioni al nuovo anno scolastico, aveva scritto a famiglie e studenti evidenziando numeri e settori dove c’è lavoro, soprattutto per profili tecnico-professionali, oggi alla giornata di chiusura del Forum Confcommercio, a Roma, un altro ministro, quello del Lavoro, Marina Calderone, ha ricordato, l’emergenza “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro. «Oggi probabilmente abbiamo un milione di posti di lavoro che non riusciamo a coprire», ha detto. Un paradosso visto che abbiamo più di due milioni di disoccupati, con un tasso di disoccupazione giovanile record al 22,4%, oltre due milioni di giovani Neet (ragazzi che non studiano, non si formano e non lavorano), un tasso di occupazione femminile ben 13 punti sotto la media Ue.

Al Forum di Confcommercio di ieri sono intervenuti anche altri ministri, Adolfo Urso (Imprese e made in Italy), Matteo Salvini (Infrastrutture), Francesco Lollobrigida (Agricoltura), oltre ai presidenti di Istat, Gian Carlo Blangiardo, e di Arera, Stefano Besseghini. Sono anni che le associazioni datoriali evidenziano (nel silenzio più assordante) sempre maggiori difficoltà a reperire i talenti che servono alle imprese. Una zavorra che un recente focus Unioncamere-Anpal ha quantificato anche dal punto di vista economico: considerando che le imprese impiegano tra i due e i 12 mesi a reperire le figure ricercate, si è stimata per il 2022 una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi, pari al 3,1% di quanto generato dalle filiere dell’industria e dei servizi (lo scorso anno la difficoltà di reperimento del personale ha riguardato il 40% delle assunzioni).

Ad aprile, sempre secondo le previsioni Excelsior il mismatch si è attestato al 45,2%, circa 5 punti in più rispetto a un anno prima. Due le ragioni alla base del mismatch: la carenza di candidati, e le competenze spesso non in linea con le richieste datoriali. Tra le figure di più difficile reperimento ci sono i tecnici della salute (61,3%), i tecnici della gestione dei processi produttivi (60,7%), i tecnici in campo ingegneristico (59,9%). Tra gli operai specializzati, i fabbri ferrai costruttori di utensili (76,8%), gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (72,4%) e i fonditori, saldatori, lattonieri, calderai, montatori di carpenteria metallica (71,5%). Per i laureati nel 2022 la domanda ha superato le 780mila unità (in crescita di 1,4 punti rispetto a 12 mesi prima), ma nel 47% dei casi le selezioni sono risultate difficili, richiedendo alle imprese una ricerca anche di 4-5 mesi. Mancano soprattutto i laureati Stem, nelle discipline scientifico-tecnologiche, dove si sconta una bassa presenza femminile.

Ormai sono un po’ tutti i settori produttivi a lamentare carenza di personale. Martedì è toccato a Confcommercio (si veda Il Sole 24Ore di ieri): quest’anno, rispetto al 2022, serviranno circa 560mila lavoratori in più considerando anche l’indotto, ma il 40% potrebbe essere di difficile reperimento (230mila profili). La scorsa settimana il grido d’allarme è stato lanciato dalle grandi aziende, a caccia di 10mila tecnici (che non trovano), necessari anche per mettere a terra il Pnrr. A metà marzo è toccato al settore orafo. Le ultime previsioni indicano che nei prossimi cinque anni (da qui al 2027) il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale con formazione terziaria (laurea o diploma Its Academy), il 48,1% sono profili con diploma tecnico-professionale. Ma considerando l’insieme dei percorsi degli istituti tecnici e professionali l’offerta formativa coprirà solo il 60% della domanda potenziale del prossimo quinquennio.

«C’è una grave emergenza di competenze perché non si sono intercettati i cambiamenti della manifattura - sottolinea il vice presidente di Confindustria per il Capitale umano, Gianni Brugnoli -. Dobbiamo correre subito ai ripari, partendo da un orientamento concreto e puntuale, e rilanciando l’asse pubblico-privato». In questi ultimi anni, del resto, le imprese si sono impegnate a fondo, supplendo i ritardi di scuola e politica. Sono cresciute le Academy, si sta puntando sulle Fondazioni Its, e si sono moltiplicate le iniziative formative e di orientamento. Nel 2022 sono cresciute anche le entrate programmate di lavoratori immigrati: 922mila ingressi, +250mila sul 2021, e quasi +295 mila sul 2019.

«Il problema del difficile incontro tra domanda e offerta di lavoro non è nuovo, ma negli ultimi anni si sta facendo sentire maggiormente. Va affrontato su più fronti - aggiunge Andrea Prete, presidente di Unioncamere -. A breve termine, la carenza di personale può essere sanata attraverso ingressi regolamentati di stranieri. Nel medio e lungo termine, bisogna allineare la formazione alle esigenze delle imprese, spingere i giovani verso percorsi formativi che offrono opportunità, in primis Its e lauree Stem. Inoltre, si devono attivare politiche di decontribuzione elevata per contrastare la fuga dei cervelli e va affrontato con efficacia il problema dell’occupazione femminile».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©