Addio ricorso amministrativo contro i controlli a distanza, ora decide il giudice
La riscrittura dell’articolo 4 dello statuto dei lavoratori, a opera dell’articolo 23 del decreto legislativo 151/2015, non cancella il divieto di controllare l’attività dei dipendenti, ma risponde alla necessità di dare «un restyling ad un impianto normativo legato ad altri tempi». Con la circolare 20/2015 la Fondazione studi dei consulenti del lavoro illustra le novità in materia di controlli a distanza introdotti dal Jobs act.
Innanzitutto viene sottolineato che il nuovo articolo 4 non elimina il divieto di utilizzare gli impianti audiovisivi o di altro tipo per controllare a distanza l’attività dei dipendenti. Infatti anche ora non è possibile il controllo che ha come unica finalità la verifica della prestazione lavorativa. Però si può utilizzare gli impianti per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale. Il controllo dell’attività dei dipendenti è quindi un effetto “derivato” di un altro obiettivo.
In queste ipotesi l’utilizzo dei sistemi di monitoraggio deve comunque essere oggetto di un accordo in sede sindacale o di autorizzazione amministrativa rilasciata dalla direzione territoriale del ministero del Lavoro. A questo riguardo la novità consiste nella possibilità di siglare un solo accordo o ottenere una sola autorizzazione nel caso di sedi produttive situate in province e regioni diverse.
A differenza che in passato, inoltre, viene meno la possibilità di ricorrere in via amministrativa al ministero del Lavoro contro decisioni che riguardano l’utilizzo di controlli a distanza. Ora ci si dovrà rivolgere al giudice.
Rispetto a questa impostazione generale, precisa la circolare, sono previste due eccezioni a fronte delle quali non sono necessari l’accordo o l’autorizzazione. Ciò si verifica quando i controlli derivano da strumenti utilizzati dal lavoratore per svolgere l’attività e per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. Tuttavia le informazioni ricavate in questo modo possono essere utilizzate dal datore di lavoro, nei confronti dei dipendenti, solo se questi sono informati adeguatamente sulle modalità di uso degli strumenti e dell’effettuazione dei controlli rispettando le indicazioni contenute nel codice della privacy (il Dlgs 196/2003).