Alcuni Ccnl prevedono esplicitamente l’obbligo di pagare il preavviso
Secondo la decisione della Cassazione espressa nell’ordinanza 27934 del 13 ottobre, che ha suscitato un certo interesse tra gli addetti ai lavori, dalla natura obbligatoria del preavviso discende che la parte non recedente (in questo caso il datore di lavoro), che abbia - come nel caso di specie - rinunziato al preavviso, nulla deve alla controparte, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del preavviso. Nessun interesse giuridicamente qualificato è, infatti, configurabile in favore della parte recedente: la libera rinunziabilità del preavviso esclude che ad essa possano connettersi a carico della parte rinunziante effetti obbligatori in contrasto con le fonti delle obbligazioni indicate nell’articolo 1173 del Codice civile.
Le perplessità che hanno accompagnato i primi commenti derivano dalla circostanza che nella decisione non si fa cenno alcuno a eventuali previsioni difformi ad opera della contrattazione collettiva, le quali prevedono, non infrequentemente, una possibile differente disciplina. Proprio l’articolo 23 del Ccnl dirigenti industria, applicato al rapporto dedotto in giudizio, prevede una combinazione di disposizioni, tra i commi 4 e 5 che, quantomeno, potrebbero far sorgere dubbi sulla linearità della soluzione adottata dalla sentenza, segnatamente in ragione della circostanza per cui «è in facoltà del dirigente che riceve la disdetta di troncare il rapporto, sia all’inizio, sia durante il preavviso, senza che da ciò gli derivi alcun obbligo di indennizzo per il periodo di preavviso non compiuto». Questa clausola contrattuale urta violentemente contro il contenuto della decisione della Cassazione, quantomeno in linea di principio e sulla supposta valenza generale della regola individuata dalla Suprema corte a favore della tesi opposta, nel caso di dimissioni del dirigente.
Uno sguardo alle previsioni di alcuni rilevanti settori della contrattazione collettiva del comparto dirigenti mostra come una soluzione della natura di quella accolta nell’ordinanza in questione possa urtare con il contenuto delle clausole. Il caso più emblematico è quello del Ccnl terziario/commercio, dove si legge, nell’articolo 29, in tema di dimissioni, che il datore di lavoro che, ricevute le dimissioni, rinunci in tutto o in parte alla continuazione del preavviso, «è tenuto a corrispondere al dirigente le relative mensilità». Lo stesso contratto collettivo prevede in un’altra specifica clausola, articolo 30, comma 6, che «Durante il periodo di preavviso, anche se sostituito dalla relativa indennità, valgono tutte le disposizioni economiche e normative e le norme previdenziali e assistenziali previste dalle leggi e contratti in vigore e loro eventuali variazioni», sollevando non pochi dubbi in ordine alla efficacia del preavviso, quantomeno nella fattispecie tipica delineata che, in anni non recenti, ha creato non pochi dubbi applicativi, a fronte di rivendicazioni contrattuali dei dirigenti licenziati che nel periodo “virtuale” di vigenza del preavviso, richiedevano indennità contrattuali maturate, aumenti contrattuali, periodi di malattia e via dicendo.