L'esperto rispondeContrattazione

Apprendistato professionalizzante in edilizia

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di Antonio Carlo Scacco

La domanda

Il quesito verte sulla possibilità di attivare un apprendistato professionalizzante in edilizia. Trattasi di una srl, classificazione industria, ove sia il socio amministratore che l'altro socio non svolgono attività edile (entrambe donne). La ditta ha intrapreso da poco attività edile, nel mese di ottobre, ed applica il contratto industria Confapi-Aniem (iscritta ad edilcassa del Lazio). Ha un solo dipendente in forza, che non ha i requisiti per essere tutor aziendale (tre anni di esperiana nel settore). Il ccnl prevede che la ditta che non ha in forza alcun operaio specializzato possa avere un numero di apprendisti non superiore a tre. Chi può fare allora da tutor,? Può esserlo il socio non lavoratore (donna)? Un esterno?

In base al CCNL Edilizia piccola industria applicato dalla azienda di cui al quesito, la funzione di tutor/referente aziendale può essere svolta dal titolare dell'impresa stessa, da un socio, dal familiare coadiuvante, ovvero da un lavoratore qualificato designato dall'impresa. In quest'ultimo caso il tutor dovrà possedere un livello di inquadramento pari o preferibilmente superiore a quello che l'apprendista conseguirà alla fine del periodo di apprendimento; svolgere attività lavorative coerenti con quelle dell'apprendista; possedere almeno tre anni di esperienza lavorativa nel settore. La indicazione del tutore/referente deve trovare corrispondenza nel piano formativo individuale, quale figura di riferimento per l'apprendista “in possesso di adeguata professionalità”. In ogni caso il tutor/referente aziendale deve gestire l'accoglienza nel contesto organizzativo e favorire l'inserimento e l'integrazione dell'apprendista in azienda, deve contribuire alla definizione del Piano formativo nonché verificare la progressione dell'apprendimento ed attestare il percorso formativo nell'apposito Libretto personale di formazione professionale edile o documento equipollente. Le previsioni contrattuali (collettive) devono essere valutate alla luce delle previsioni normative e di prassi. Il decreto legislativo 81/2015 all'articolo 42 co. 5 lett. c) prevede la presenza di “un tutore o referente aziendale”. A sua volta il DM 12 ottobre 2015, recante “Definizione degli standard formativi dell'apprendistato e criteri generali per la realizzazione dei percorsi di apprendistato, in attuazione dell'articolo 46, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”, nel contratto di apprendistato professionalizzante prevede la figura del tutor aziendale, il quale “favorisce l'inserimento dell'apprendista nell'impresa, lo affianca e lo assiste nel percorso di formazione interna, gli trasmette le competenze necessarie allo svolgimento delle attività lavorative”. Proprio in virtù della necessità che, in ogni caso, il tutor garantisca l'inserimento dell'apprendista all'interno della organizzazione aziendale, si esclude che la figura del tutor possa essere svolta da lavoratori esterni all'impresa. Tale interpretazione è confermata dall'interpello Minlav 49/2009 nel quale si fa riferimento al rapporto di lavoro che il lavoratore designato come tutor “intrattiene con l'impresa”. Si nota, in proposito, che le norme regionali possono introdurre previsioni diverse (quindi è consigliabile consultare le specifiche normative regionali). Per quanto attiene alla problematica della presenza costante del tutor durante lo svolgimento della prestazione lavorativa dell'apprendista, dall'analisi della normativa vigente non si desume alcun obbligo di affiancamento continuativo, come si ricava indirettamente dalla previsione secondo cui “il tutor può seguire fino a 5 apprendisti” (in tal senso interpello Minlav 9/2008). La previsione del tutor esterno alla unità produttiva nella quale opera l'apprendista (ma sempre dipendente del gruppo aziendale) è consentita solo in presenza di un numero idoneo di lavoratori specializzati (si veda circ. Minlav 40/2008 e nota INL n. 290 del 19 dicembre 2017, quest'ultima in tema di liceità dell'apprendistato svolto in forma di distacco). Una compiuta risposta al quesito non può infine prescindere dalla illustrazione delle conseguenze derivanti da una mancata o incompleta formazione dell'apprendista (connessa, nel caso, alla mancata indicazione del tutor o alla mancanza in capo a quest'ultimo dei necessari requisiti). In proposito la giurisprudenza (ormai ampiamente consolidata: ad es. Cass. Ord. 15949/2021, Cass. n. 16595/2020) ha specificato che in tema di contratto di apprendistato, l'inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l'inadempimento abbia una obiettiva rilevanza, concretizzandosi: a) nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, b) ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell'inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza.

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