Associazione in partecipazione: l’esclusione dalle perdite non fa venir meno il rischio economico
L'associato in partecipazione che presta il proprio lavoro nell'impresa dell'associante soggiace sempre al rischio economico in caso di risultati negativi aziendali, anche se nel contratto è esclusa la sua partecipazione alle perdite. Come spiega la Corte di cassazione (sezione lavoro, 18 novembre 2020, n. 26273), occorre infatti considerare che in tal caso l'assenza di utili determina l'assenza di compensi, i quali non possono che essere correlati all'andamento economico dell'impresa.
I giudici hanno anche precisato che, se le parti stabiliscono un compenso garantito mensile fissandolo nella retribuzione prevista dal contratto collettivo per il profilo professionale corrispondente alle mansioni svolte, non vi è partecipazione al rischio e non può dirsi sussistente un contratto di associazione in partecipazione con apporto lavorativo. E ciò anche se questa sia la fattispecie negoziale alla quale formalmente le parti hanno dato vita.
In un caso del genere manca, del resto, uno dei requisiti che devono necessariamente ricorrere perché possa configurarsi tale contratto e, semmai, può dirsi sussistente il diverso rapporto di lavoro subordinato con partecipazione agli utili.
Va ricordato, come fatto dalla stessa Corte di cassazione, che l'associazione in partecipazione trova la propria disciplina nell'articolo 2549 del codice civile, il quale stabilisce che con tale negozio giuridico l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari a fronte di un determinato apporto da parte dell'associato che, tra le altre cose, può consistere nello svolgimento di una determinata prestazione lavorativa, con inserimento nell'assetto organizzativo aziendale.
Nel regolamentare tale fattispecie contrattuale, l'articolo 2553 del codice civile prevede che l'associato partecipa alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, precisando che le perdite non possono comunque superare il valore dell'apporto dell'associato. Nel farlo, fa salvo il patto contrario e, quindi, lascia la possibilità alle parti di limitare la divisione ai soli utili derogando alla previsione della divisione delle perdite.
Tale assunto, per la Cassazione, non fa tuttavia venir meno il carattere aleatorio del contratto: se mancano gli utili, l'apporto di lavoro dell'associato resta senza compenso.
E qui ci ricolleghiamo a quanto detto in incipit: se l'associato lavora in un'impresa con risultati negativi, l'esclusione dalla partecipazione alle perdite non è comunque in grado di "salvarlo" dal rischio economico.