Certificato giusto e reperibilità garantiscono il lavoratore
Sospensione del rapporto di lavoro e di tutti gli obblighi connessi e legittimazione dell’assenza del dipendente: sono queste le conseguenze dello stato di malattia. Un istituto che dà al lavoratore il diritto alla conservazione del posto per il tempo previsto dalla legge o dai contratti collettivi e gli garantisce, durante l’assenza, un trattamento economico nella misura stabilita dalla legge stessa, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità. Purché il lavoratore rispetti alcune regole. Lo stato di malattia, infatti, porta con sé una serie di adempimenti di carattere formale, il cui rispetto è condizione essenziale per l’applicazione delle norme che garantiscono al lavoratore la conservazione del posto di lavoro per la durata del periodo di comporto e la percezione del trattamento economico di malattia.
La certificazione medica
In primo luogo, il lavoratore deve avvisare tempestivamente il datore di lavoro circa la sua assenza, secondo le modalità stabilite dal contratto collettivo di lavoro o dal regolamento aziendale (anche per non incorrere in procedure disciplinari) e sottoporsi a una visita del proprio medico curante, che rilascia il certificato medico.
A quel punto, il lavoratore fornisce al datore il numero di protocollo identificativo del certificato di malattia comunicatogli dal medico, secondo la prassi in uso in azienda. Il sistema telematico di smistamento dei certificati, provvede a inviare il documento direttamente all’Inps. In merito allo stato di malattia, il lavoratore può essere chiamato a sottoporsi agli accertamenti sanitari sul suo stato richiesti dal datore, dall’Inps o dalla struttura pubblica da esso indicata; il datore non può, però, disporre controlli attraverso medici di sua fiducia.
I controlli e la reperibilità
Il lavoratore ha dunque l’obbligo di essere reperibile presso il domicilio indicato nel certificato medico per consentire l’effettuazione di un’eventuale visita di controllo.
L’ obbligo di reperibilità non sussiste per l’intera giornata ma solo per determinate fasce orarie: dalle ore 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, tutti i giorni, comprese le domeniche e i festivi.
Esistono motivazioni in grado di giustificare l’esonero dall’obbligo di reperibilità, ma, nel caso in cui queste non sussistano, la visita di controllo del lavoratore malato può essere disposta in qualsiasi momento, senza che ci debba essere un particolare preavviso.
Le sanzioni
Durante la visita medica viene verificato lo stato di malattia. Il lavoratore che rifiuta di sottoporsi a questo tipo di accertamento, oppure risulta assente senza giustificato motivo– qualora il contratto collettivo lo preveda – può essere destinatario di sanzioni disciplinari e decade dal trattamento economico di malattia, secondo il sistema sanzionatorio previsto dall’Inps che può portare alla perdita “progressiva” del trattamento stesso.
Le sanzioni possono essere evitate solo nel caso in cui il lavoratore fornisca la prova dell’esistenza di una delle cause di esonero dall’obbligo di reperibilità. Nei confronti dell’Inps dovrà agire tramite la presentazione di un apposito ricorso: è il caso, per esempio, del lavoratore che risulta assente al controllo, ma giustifica l’assenza dal domicilio riportato sul certificato medico dimostrando la concomitanza di visite, prestazioni o accertamenti specialistici.
Sempre in tema di controlli, il datore di lavoro può avviare un accertamento in merito alla possibilità che il dipendente stia svolgendo un’altra attività lavorativa e può anche contestare, in sede giudiziaria, l’attendibilità del certificato medico prodotto dal lavoratore.
Le deroghe
Ad essere esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità sopra citate sono i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con: patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da un’ idonea documentazione della struttura sanitaria; stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67 per cento.
Secondo le indicazioni della circolare Inps 95/2016, queste situazioni vanno tracciate dal medico, il quale deve darne evidenza negli appositi campi del certificato da lui redatto.
Anche in queste situazioni, resta, comunque, impregiudicata la possibilità da parte dell’Inps di effettuare controlli sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione e sulla congruità prognostica in essa espressa.
Il rientro anticipato
Potrebbe accadere che il dipendente assente per malattia, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico. Non potrà, tuttavia, rientrare al lavoro spontaneamente. Potrà, infatti, essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico che rettifichi la prognosi originariamente formulata dal medico (circolare Inps 79/2017).
La rettifica deve essere redatta, ed essere inviata, prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa e deve essere richiesta allo stesso medico che aveva redatto il certificato “iniziale” che riportava una prognosi più lunga.