Contenzioso

Chi è guidato da software è dipendente del suo titolare

In presenza di meccanismi altamente informatizzati, dove i poteri di direzione e controllo sulla prestazione sono essenzialmente gestiti da un hardware sul quale è installato un software, il rapporto di lavoro va ricondotto all’imprenditore

di Giuseppe Bulgarini d’Elci

Nelle organizzazioni aziendali tecnologicamente più avanzate la prestazione dei lavoratori può essere interamente eterodiretta e organizzata tramite apparati software e hardware. Le attività del carrellista che utilizza il muletto dotato di tablet in cui è indicato il luogo del prelievo dei pallet e il varco di uscita del carico, con tracciamento dello spostamento della merce attraverso lo scanner che l’addetto utilizza per fotografare il codice a barre, costituisce un esempio di prestazione organizzata in assenza di “mediazione umana”.

In presenza di questi meccanismi altamente informatizzati, dove i poteri di direzione e controllo sulla prestazione sono essenzialmente gestiti da un hardware sul quale è installato un software, il rapporto di lavoro va ricondotto all’imprenditore che detiene e gestisce il sistema informatico.

Sulla scorta di questi rilievi, il Tribunale di Padova ha riconosciuto l’intermediazione illecita delle prestazioni rese dai soci lavoratori di cooperativa per un’impresa del settore della logistica. Questi si erano rivolti al giudice perché venisse dichiarata la costituzione del rapporto di lavoro con l’impresa committente e, quindi, disposto il versamento di differenze retributive in relazione alle prestazioni lavorative svolte. Presupposto di fatto delle domande era che i lavoratori (carrellisti e “picker”) rendevano la prestazione attraverso apposite dotazioni strumentali informatiche messe a disposizione dalla committente. Gli addetti al “picking”, in particolare, operavano con un transpallet dotato di cuffia e microfono e all’inizio della prestazione effettuavano l’operazione di “login” per ricevere indicazioni sulla corsia dove prelevare i colli. I lavoratori, quindi, pronunciavano tramite microfono il codice contenuto nell’etichetta dello stallo e ricevevano dal sistema le istruzioni su dove portare i pallet.

Il giudice prende atto di un sistema di organizzazione del lavoro interamente rimesso ad apparati informatici e rimarca che per verificare se i servizi di logistica e magazzino siano espressione, o meno, di un genuino appalto di servizi va verificato «chi eserciti il potere di direzione». Posto che l’attività dei lavoratori è gestita da un software, che indica il bene da trasportare e il luogo di prelievo e di consegna, si ricade nella fattispecie dell’intermediazione illecita quando l’appaltatore non ha nessun controllo sul sistema informatico e non lo gestisce. Il datore effettivo, cui le prestazioni vanno ricondotte, è il soggetto che dispone del software e dell’hardware. Il giudice conclude, quindi, che i rapporti di lavoro ricadono nella sfera dell’impresa committente perché il sistema informatico che dirige e controlla le prestazioni è da essa detenuto e gestito.

La sentenza si fa apprezzare perché misura la genuinità dell’appalto in un contesto dove le prestazioni sono gestite tramite sistemi digitali, che impartiscono le istruzioni e controllano lo svolgimento dell’attività . Siamo abituati a valutare il lavoro da remoto nella prospettiva del lavoratore in smart working e la pronuncia di Padova è un segnale molto forte che ci richiama a considerare lo scenario opposto in cui è il datore a gestire e organizzare da remoto la prestazione dei lavoratori.

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