Contenzioso

Colpevole il proprietario del giardino se il pensionato-giardiniere si infortuna

Condannato anche chi ha affidato l’incarico in quanto non hanno valutato l’idoneità tecnico-professionale del lavoratore

di Marcello Bonomo ed Enrico D’Onofrio

Con la sentenza 10089/2023, la quarta sezione penale della Corte di cassazione ha rilevato, ai fini civili, la responsabilità per lesioni personali colpose gravissime, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in capo al proprietario di un'abitazione con giardino e al soggetto che materialmente ha affidato l'incarico di potatura di un albero alto circa 10 metri a un lavoratore colpito dalla caduta di un ramo e rimasto gravemente ferito.

La responsabilità colposa è derivata dall'individuazione di un lavoratore (“culpa in eligendo”), effettuata in violazione dell'obbligo di verificarne preventivamente l'idoneità tecnico-professionale per l'effettuazione dei lavori di potatura, tenuto conto della loro pericolosità. In particolare, il proprietario e la persona che ha affidato l'incarico sono stati ritenuti responsabili per l'infortunio perché hanno scelto un lavoratore inadeguato, ossia un pensionato, assunto in nero, che svolgeva tali lavori avvalendosi di un camioncino, di scarponi, di tuta antinfortunistica e di sega elettrica, senza verificarne previamente l'idoneità tecnico-professionale per l'intervento, anche rispetto alla sua pericolosità.

La Cassazione ha rilevato che il proprietario dell'abitazione e colui che ha affidato l'incarico dovevano essere qualificati come “committenti”, in base alla vigente normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Dlgs 81/2008) e, quindi, erano titolari di una specifica posizione di garanzia, a prescindere dalle concrete modalità con le quali si era verificato l'infortunio. Conseguentemente la Suprema corte – in accoglimento del ricorso della parte civile e cassando la sentenza di assoluzione di secondo grado – ha sottolineato che avrebbe dovuto essere percepita la palese prevedibilità del rischio e la pericolosità del lavoro da svolgersi in quota, senza l'uso di una piattaforma, da parte di un lavoratore sprovvisto di casco e di idonei sistemi di protezione, che utilizzava tecniche desuete.

Secondo la Corte, infatti, la sentenza d'appello non aveva adeguatamente vagliato la mancata presa di coscienza dei rischi connessi all'intervento, che assume imprescindibile rilievo ai fini della valutazione della sussistenza della culpa in eligendo; tale responsabilità colposa consegue al fatto che il lavoratore era privo di adeguata preparazione professionale e di idonea attrezzatura, nonché incapace di adottare una metodologia operativa consona alla prestazione richiestagli.

La decisione è destinata ad avere rilevanti conseguenze: qualora si decida di affidare a terzi dei lavori, anche presso la propria abitazione, è necessario interrogarsi sui rischi che possono presentare e in funzione di questi rivolgersi a soggetti competenti, muniti di un'adeguata preparazione professionale e di idonee attrezzature. Senza tale valutazione – che chiaramente comporta, in termini economici, l'onere di sostenere i maggiori costi richiesti dagli operatori più qualificati – è elevato il rischio di incorrere in rilevanti responsabilità civili e penali.

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