Comportamento illecito aggravato dal ruolo sindacale
Il ruolo sindacale ricoperto dal lavoratore, nei cui confronti sia stata promossa una azione disciplinare per reiterata anticipata cessazione del turno di lavoro, costituisce elemento aggravante al fine di valutare la appropriata sanzione che il datore di lavoro è legittimato ad irrogare. Con la sentenza n. 22382, del 13 settembre 2018 la Cassazione ha affermato che la carica sindacale rivestita dal dipendente sottoposto ad azione disciplinare genera un particolare «disvalore ambientale», in quanto assurge a modello diseducativo per gli altri lavoratori dell’impresa, i quali si potrebbero sentire a loro volta disincentivati dall’osservanza dei doveri inerenti la prestazione lavorativa.
La Corte di legittimità ha, quindi, confermato il licenziamento per giusta causa irrogato nei confronti del dipendente per essersi reso ripetutamente responsabile, tra l’altro, di abbandono anticipato del posto di lavoro, attribuendo alla funzione sindacale ricoperta dallo stesso lavoratore all’interno dell’organizzazione aziendale una portata aggravante nella valutazione sulla proporzionalità della misura espulsiva.
Il caso esaminato dalla Cassazione era relativo alla reiterazione di comportamenti inadempienti posti in essere dal lavoratore, tra i quali l’uscita in anticipo dal lavoro e il rifiuto di ottemperare all’ordine di riprendere servizio, che il datore di lavoro aveva fatto oggetto di plurime azioni disciplinari. A seguito dell’ultimo episodio, il datore di lavoro si era determinato a licenziare il dipendente per giusta causa e quest’ultimo aveva impugnato il provvedimento sul presupposto che la sanzione costituisse una misura sproporzionata.
In primo grado la tesi del lavoratore veniva parzialmente accolta e il datore di lavoro condannato ad un’indennità risarcitoria nella misura massima di 24 mensilità. La decisione veniva, tuttavia, ribaltata in secondo grado e il licenziamento dichiarato legittimo.
La Cassazione conferma la decisione della Corte d’appello e rimarca che l’insubordinazione può emergere dalla sommatoria di diversi comportamenti inadempienti, anche se il singolo episodio non riveste in sé una gravità tale da giustificare la sanzione massima espulsiva. Precisa la Suprema Corte, in questo senso, che la reiterata condotta inadempiente è indice di un più ampio atteggiamento di sfida nei confronti dei superiori gerarchici e di disprezzo per le regole cui i lavoratori sono chiamati nel contesto dell’organizzazione aziendale.
Il combinato emergere di una serialità di condotte inadempienti da parte del lavoratore, che si ostina ad anticipare l’uscita prima della fine del turno di lavoro, e della ricorrenza in capo al medesimo lavoratore di una carica sindacale sono indice di un atteggiamento incompatibile con la prosecuzione del rapporto di lavoro. Ciò sia per la negazione del vincolo fiduciario che deve esistere a fondamento del rapporto di lavoro, sia per il disvalore ambientale che la condotta del lavoratore sindacalista può ingenerare nell’organizzazione del lavoro.
La sentenza n. 22382/18 della Corte di cassazione