Previdenza

Con l’opzione donna taglio fino al 40%

di Matteo Prioschi e Fabio Venanzi

Ritorna per le donne la possibilità di andare in pensione con uno sconto considerevole sui requisiti minimi a fronte però del calcolo dell’assegno con il sistema contributivo invece di quello misto a cui avrebbero diritto in base alla loro storia lavorativo-previdenziale. In base alla versione più aggiornata disponibile del decreto legge approvato ieri, l’“opzione donna” è utilizzabile dalle lavoratrici che entro il 2018 hanno accumulato almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età se dipendenti o 59 anni se autonome.

Rispetto alla pensione di vecchiaia lo sconto sul requisito anagrafico è di 8-9 anni, mentre nei confronti dell’anticipata è di 6 anni e 10 mesi relativamente al requisito contributivo. Tuttavia alla pensione liquidata secondo l’opzione donna si applicano 12 mesi di finestra prima della decorrenza se l’interessata è una lavoratrice dipendente e 18 mesi se è un’autonoma (oltre alle decorrenze specifiche per il comparto scuola). Quindi se l’interessata non vuole rimanere senza stipendio e senza pensione durante la “finestra” il beneficio effettivo in termini di accesso anticipato si riduce un po’.

Oltre a ciò si deve considerare il taglio dell’importo della pensione stessa, determinato dal metodo di calcolo contributivo. La riduzione può arrivare al 40%, ma una decurtazione nell’ordine del 25% è molto probabile. Per esempio una dipendente pubblica nata nel 1960 e con 36 anni di contributi accumulati al 2018, sfruttando l’opzione donna quest’anno potrebbe ricevere una pensione lorda annua di 11.750 euro, oppure continuare a lavorare fino al 2024 e accedere alla pensione anticipata con un importo di 19.780 euro.

Nonostante queste conseguenze, nel precedente periodo in cui è stata disponibile, questa via d’uscita ha riscosso un successo crescente, arrivando a totalizzare oltre 83mila pensionate tra il 2008 e l’inizio del 2017.

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