Con le norme ambigue vince solo il contenzioso
Ci sono voluti oltre 20 anni di duro contenzioso con decine e decine di sentenze di merito, diverse circolari e messaggi tra Inps e ministero del Lavoro, una norma di interpretazione autentica, una Cassazione a Sezione Unite e altre decine di sentenze di legittimità (da ultimo la Cassazione numero 16263 del 20 giugno scorso) per risolvere - forse - il problema diffusissimo in Italia relativo alla disciplina fiscale e contributiva da applicare all’indennità riconosciuta dalle aziende industriali, artigiane e commerciali che inviano costantemente i lavoratori in trasferta.
Ci si dovrebbe chiedere quanti siano stati gli oneri sostenuti dal sistema amministrativo e giudiziario in questi anni e come tutto questo abbia impattato nei bilanci delle imprese in chiave di costi, organizzazione e burocrazia.
Purtroppo sono state molte le aziende che, invece, hanno definitivamente subito gli effetti di questo lungo contenzioso. Imprese che si sono dovute indebitare per pagare gli accertamenti o che hanno dovuto addirittura chiudere, nonostante si fossero comportate nel rispetto di quanto chiarito dall’Inps e dal Lavoro nel 2008.
È quindi importante che su questo tema l’Inps fornisca ora le ultime istruzioni, le quali, senza equivoci, pongano la parola fine anche sui giudizi pendenti.
Purtroppo però, questa non è l’unica esperienza negativa. Basti pensare alla vicenda del corretto inquadramento previdenziale dei soci di srl e degli obblighi di versamento contributivo quando essi rivestono pure il ruolo di amministratori con relativo compenso.
Anche in questo caso c’è stato un duro scontro giudiziario tra Inps e imprese: l’Istituto pretendeva il doppio pagamento dei contributi (sia come soci, sia come amministratori), le aziende ritenevano di no. Una controversia durata, anche in questo caso, oltre 20 anni, con una giurisprudenza che sembrava preferire la tesi delle imprese. Dopo un numero sterminato di sentenze di merito e di legittimità è giunto il legislatore, il quale, con l’ennesima norma di interpretazione autentica, ha definitivamente imposto la tesi dell’Inps.
Un caso analogo, ancora irrisolto, riguarda i lavoratori part time. Grazie a una norma poco chiara e ad una rigida posizione interpretativa dell’Inps, a parità di ore di contratto, se il part-timer lavora in modo orizzontale tutto l’anno ha diritto a 12 mesi di anzianità ai fini della pensione, se invece quel lavoratore ha la “sfortuna” di lavorare le stesse ore in un’attività stagionale per sei mesi l’anno, allora la sua anzianità ai fini della pensione e di 6 mesi. Un’ingiustizia che sembra evidente.
Anche in questo caso si litiga da oltre 20 anni, con centinaia di sentenze di merito è di legittimità. Sul punto è stata scomodata anche la Corte di giustizia europea, la quale nel 2008 ha stabilito che questo comportamento è discriminatorio.
Nonostante siano passati 10 anni da quella sentenza, un lavoratore part-time se vuole ottenere oggi l’anzianità per l’intero anno deve rivolgersi al giudice, il quale non fa altro che prendere atto della costante giurisprudenza e riconosce il suo diritto, con relativo pagamento delle spese processuali a carico dell’Inps. Su questo problema purtroppo ancora non è chiaro come andrà finire e se si renderà necessario attendere qualche anno per avere l’ennesima norma di interpretazione autentica.
Questi ed altri casi analoghi, dimostrano che in Italia ci vogliono almeno un ventennio per ottenere chiarezza sulle questioni tecniche spinose.