L'esperto rispondeContrattazione

Congedo parentale e part time

di Josef Tschoell

La domanda

Una lavoratrice dipendente ha chiesto all'azienda, in luogo del congedo parentale spettante (di 6 mesi), la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con una riduzione dell'orario di lavoro di 10 ore settimanali. Dopo 6 mesi il rapporto di lavoro è ritornato full-time. Oggi, la lavoratrice dipendente, nonostante i 6 mesi di lavoro part time, richiede di usufruire del congedo parentale residuo in quanto sostiene che, durante tale periodo e considerando la riduzione oraria di sole 10 ore settimanali, abbia usufruito solo di 33 giorni (calcolo effettuato considerando la frazione giornaliera delle due ore di riduzione ottenute con il part time). È possibile equiparare la trasformazione a tempo parziale con il congedo frazionato?

L’articolo 8, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2015 dispone che: «Il lavoratore può chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale od entro i limiti del congedo ancora spettante ai sensi del Capo V del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento. Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta». Finora non si sono registrate pronunce di prassi o giurisprudenza su questo aspetto e il rinvio al capo V del Dlgs 26 marzo 2001, n. 151 potrebbe comportare la determinazione delle modalità di fruizione da parte della contrattazione collettiva. Tuttavia la norma dispone che la richiesta va fatta “in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo ancora spettante” senza specificare una percentuale minima, ma solamente una riduzione non oltre il 50 per cento dell’orario di lavoro a tempo pieno. Di conseguenza si ritiene che la riduzione del part-time debba essere riproporzionato al periodo di congedo parentale, altrimenti si avrebbe un trattamento peggiore per la lavoratrice (attese anche le finalità di tutela in materia di maternità/paternità). In ogni caso sarà l’Inps a dover autorizzare il periodo di congedo parentale eventualmente non ancora fruito, allegando la relativa documentazione.

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