Contratti a termine con causali su misura per ciascuna impresa
È il settore dei servizi turistici a trainare l’attivazione di nuovi contratti a termine nei primi sei mesi dell’anno. Da gennaio a giugno 2021 i nuovi rapporti di lavoro avviati, al netto di quelli cessati, sono 719mila. Di questi, 611mila sono rapporti a tempo determinato, e quasi 300mila fanno capo ai servizi turistici (il 48%).
Come rivelano i dati del ministero del Lavoro e della Banca d’Italia pubblicati a luglio, nei soli mesi di maggio e giugno sono stati creati 520mila posti di lavoro a termine.
Si tratta naturalmente di contratti che possono avere una breve durata e un respiro stagionale. E che vanno letti nel contesto economico post-pandemia: nei primi mesi di quest’anno l’occupazione sta facendo passi avanti rispetto all’arretramento del 2020, ma bisogna sempre considerare - come fa notare l’Istat - che a maggio 2021 c’erano ancora 735mila occupati in meno rispetto a febbraio 2020, cioè al periodo pre-Covid (gli occupati a maggio erano 22,4 milioni, rispetto a 23,1 milioni di febbraio 2020).
Guardare al dato dinamico delle attivazioni dei nuovi contratti, è utile però per capire l’andamento delle assunzioni in questa fase di graduale ripresa e dopo la riapertura di numerose attività: i datori di lavoro preferiscono evidentemente assumere a tempo determinato, in attesa di un consolidamento della ripresa.
Se si guarda alla mappa delle Regioni, si nota come la maggiore incidenza delle assunzioni a termine sul totale delle attivazioni nette sia riscontrabile proprio nelle Regioni ad alta vocazione turistica, come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Toscana, la Puglia, la Sardegna.
Se si guarda agli altri settori economici, si scopre però che il ricorso ai contratti a termine non riguarda solo il turismo e i servizi, ma è forte anche nell’industria. Le attivazioni a termine (sempre al netto delle cessazioni) nell’industria erano 42mila nel primo semestre 2019 e sono diventate 125mila nel primo semestre di quest’anno.
Le agevolazioni
Proprio per intercettare al massimo le nuove chances di impiego, il primo Dl Sostegni (Dl 41/2021, articolo 17) ha esteso fino al 31 dicembre di quest’anno la possibilità di rinnovare o prorogare per 12 mesi e per una sola volta i contratti a termine, anche senza le causali previste dal Dl «Dignità». È una disposizione introdotta nel 2020, tra le norme di emergenza varate per far fronte alla pandemia, e poi prorogata più volte.
Dal 25 luglio scorso, poi, è entrata in vigore la legge di conversione del Dl Sostegni bis, che contiene un’altra apertura rispetto alle regole del Dl Dignità: oltre alle causali già esistenti per prorogare o rinnovare i contratti a termine dopo i primi 12 mesi (esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, o sostituzione di altri lavoratori; esigenze legate a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria), ce ne sarà un’altra, ovvero «specifiche esigenze previste dai contratti collettivi».
Significa che i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali potranno prevedere una serie di esigenze particolari per le quali i contratti a termine potranno essere prorogati o rinnovati oltre i primi 12 mesi (che restano acausali), guardando alle situazioni specifiche di ciascun settore o addirittura di ciascuna azienda. Una causale “su misura”, insomma.
Dopo l’entrata in vigore del Dl Dignità, nel 2018, non è più stato possibile, per la contrattazione collettiva nazionale, stabilire causali diverse da quelle di legge. I (pochi) accordi aziendali che sono stati fatti in questo campo, hanno sfruttato lo strumento del contratto di prossimità, previsto dal Dl 138/2011.
Un ambito nel quale la contrattazione collettiva ha potuto continuare a stabilire regole diverse rispetto a quelle nazionali, è stato il contingentamento dei contratti a termine, normalmente fissato per ciascuna azienda al 20% del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato (i Ccnl Occhialeria, Penne e spazzole, Tessili Pmi, rinnovati nel 2020, hanno innalzato questa soglia al 30%).
«Gli accordi per individuare le nuove causali saranno sicuramente siglati - prevedono i tecnici della Cisl - poiché avevamo già sollecitazioni in questo senso, dalle nostre strutture territoriali, ancora prima che la norma fosse approvata in via definitiva. La cosa positiva - aggiungono - è poter stabilire causali ad hoc per ciascuna azienda, perché da una realtà all’altra le esigenze effettivamente cambiano».
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