Previdenza

Contributivi, due opzioni contro i vuoti pensionistici

di Maria Rosa Gheido

I lavoratori con meno anzianità - quelli che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 e sono in pieno regime contributivo - dispongono spesso di un percorso lavorativo discontinuo, con vuoti che rendono difficile raggiungere gli obiettivi pensionistici. L’articolo 20 del decreto legge n. 4/2019 consente loro di riempire i vuoti contributivi con due operazioni assai diverse fra di loro: la copertura di periodi privi di qualsivoglia credito contributivo e il riscatto del periodo legale di studi universitari a condizioni meno onerose di quelle già previste, ma con una valenza limitata all’anzianità contributiva e non alla misura della pensione. I periodi di non attività da riscattare devono essere compresi nell’arco temporale che va dal 1° gennaio 1996 al 29 gennaio 2019, data di entrata in vigore del Dl 4.

I richiedenti non devono avere contribuzione a qualsiasi titolo accreditata antecedentemente presso una delle Gestioni indicate dallo stesso articolo 20 ossia l’Ago dei dipendenti e le forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché le gestioni degli artigiani, commercianti e del lavoro autonomo. Gli interessati non debbono, inoltre, essere già titolari di un trattamento pensionistico diretto da qualsivoglia ente erogato, anche diverso dall’Inps.

Il riscatto può interessare un periodo massimo di cinque anni (anche non continuativi) e in questo periodo non ci deve essere alcun accredito contributivo, in qualunque gestione pensionistica obbligatoria, comprese quelle delle Cassa di categoria professionali. L’articolo 20 si limita ad affermare che deve trattarsi di periodi non soggetti a obbligo contributivo e non già coperti da contribuzione, comunque versata e accreditata presso forme di previdenza obbligatoria. L’Inps, a sua volta, esplicita il dettato normativo precisando che preclude la possibilità di riscatto qualsiasi tipologia di accredito contributivo, sia esso obbligatorio, figurativo, volontario o da riscatto.

Precisa inoltre l’istituto previdenziale che il riscatto non può andare a coprire periodi soggetti ad obbligo contributivo. Pertanto, la facoltà di riscatto non può essere esercitata per recuperare periodi di lavoro con obbligo di versamento dei contributi, anche se tale obbligo si è, nel frattempo, prescritto.

Il recupero pensionistico di tali periodi può avvalersi di un altro strumento a disposizione del lavoratore, che è la costituzione della rendita vitalizia, la quale è anch’essa una forma di riscatto, attivabile dai lavoratori quando il datore di lavoro ha omesso il versamento obbligatorio di contributi che non possono più essere versati con le normali modalità e che non possono più essere richiesti dall’Inps, essendo intervenuta la prescrizione di legge. La costituzione della rendita, che può essere chiesta per qualsiasi periodo pregresso anche dai pensionati è, peraltro, meno costosa rispetto alla nuova facoltà di riscatto, in quanto assume i valori pensionistici degli anni oggetto della richiesta di rendita.

C’è, però, l’obbligo di provare l’esistenza e la durata del rapporto di lavoro e la retribuzione percepita, vincoli che non sussistono per la nuova modalità di riscatto, il cui onere è determinato rapportando alla durata del periodo richiesto l’importo che si ricava applicando la percentuale contributiva Ivs, in atto alla data della domanda (che non potrà essere successiva al 31 dicembre 2021, essendo la misura sperimentale), alla retribuzione assoggettata a contribuzione nei 12 mesi meno remoti rispetto alla data della domanda. Ovviamente, i periodi riscattati non devono far retrocedere l’anzianità contributiva prima del 1 ° 1996, perché in tal caso il riscatto sarebbe annullato d’ufficio e i contributi restituiti. L'importo può essere versato a rate (massimo 120 mensili, purché di importo non inferiore a 30 euro) senza applicazione di interessi ed è detraibile dall’imposta lorda nella misura del 50%, con una ripartizione in quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento e in quelli successivi . Nel settore privato l’onere può essere sostenuto dal datore dell’assicurato destinando, a tal fine, i premi di produzione a questi spettanti. In tal caso l’onere è ricondotto al comma 2 dell’articolo 51 del Tuir ed è deducibile dal reddito di impresa o di lavoro autonomo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©