Contrattazione

Dai consulenti del lavoro l’opzione contrattazione: no al salario minimo

di Mauro Pizzin e Matteo Prioschi

«Se mettiamo assieme il salario minimo e il reddito di cittadinanza distruggiamo il mercato del lavoro». Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, non ha usato giri di parole nel suo intervento alla tredicesima edizione del Festival del lavoro, in svolgimento da ieri pomeriggio a Bologna. «Noi abbiamo un sistema di contrattazione collettiva in Europa, che può essere migliorato, certo, ma mi rassicura di più che un minimo stabilito per legge».

Una posizione, quella del ministro che, come ha sottolineato Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro e padrona di casa nella tre giorni del Festival, «è la nostra perché il salario minimo non ci serve, mentre abbiamo bisogno di sostenere la contrattazione decentrata di secondo livello in un’ottica di valorizzazione del territorio».

Le divergenze hanno riguardato, invece, la valutazione della situazione occupazionale attuale in un periodo post pandemico di transizione contraddistinto, secondo i professionisti, da una difficoltà di reperimento della forza lavoro da parte delle aziende. «In un Paese come il nostro, che ha un tasso di disoccupazione giovanile molto alto, è un paradosso che non si trovino lavoratori – aveva detto Calderone durante l’apertura della rassegna – così come ci preoccupa il fenomeno delle dimissioni volontarie non associato ad altra occupazione e ci deve far pensare che ci sia un aumento degli inattivi e dei percettori di reddito di cittadinanza».

Posizioni eccessivamente pessimiste, secondo Brunetta, che ha ricordato come nel 2021 il Pil abbia chiuso al +6,6%, mentre quest’anno «con grande probabilità potrebbe chiudere attorno al 3%».

Sul taglio al cuneo fiscale come strumento per rendere più pesanti le buste paghe si è espresso il segretario del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, secondo cui «il taglio va però coordinato con il salario minimo, una battaglia di civiltà su cui non cederemo finché ci sono paghe da fame. Il nostro obiettivo, peraltro, non è intralciare la contrattazione collettiva ma espungere i contratti pirata».

Che questo sia l’obiettivo/effetto del salario minimo concorda l’ex ministro Cesare Damiano, ora componente del Cda dell’Inail, secondo il quale il minimo non ha la conseguenza di portare a salari più ricchi. Ma più che un minimo per tutti, è meglio «recepire, settore per settore, il contratto che stabilisce il miglior salario minimo».

«Contrattazione collettiva, salario minimo e rappresentatività costituiscono tre facce del più importante prisma costituzionale del diritto del lavoro», secondo Bruno Giordano, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Ma l’articolo 39 della Costituzione soffre per la mancanza di legislazione ordinaria che dia contenuto alla misurazione dei sindacati.

Secondo Andrea Cafà, presidente di Cifa Italia e di Fonarcom, «lo strumento da privilegiare per la garanzia dei trattamenti salariali minimi è la contrattazione collettiva, e ancor più quella di qualità, capace di garantire, oltre al salario, altre forme di tutela».

Conte ha fatto da contraltare anche in materia di reddito di cittadinanza, provvedimento bandiera del Movimento rispetto al quale ieri a Bologna ha chiesto un ripensamento Stefano Bonaccini. «Non credo che vada abolito – ha detto il presidente dell’Emilia Romagna - ma è necessario ripensarlo. Condizione primaria del reddito dovrebbe essere quella di dare un contributo a chi è disperato, ma per poi ritirarlo il prima possibile perché si è trovato un lavoro. L’obiettivo deve essere l’occupazione. Su questo, il reddito di cittadinanza non ha funzionato».

Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini, ha fatto il punto sull’attuazione del Pnrr: «Per quanto la burocrazia di questo Paese non sempre aiuti siamo a buon punto. Dopo una recente verifica in Consiglio dei ministri posso dire che al 30 giugno saremo in grado di rispettare tutte le scadenze che la Ue ci pone».

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