Rapporti di lavoro

Dal decreto Trasparenza la chance di chiedere condizioni di lavoro più stabili

L’articolo 10 del Dlgs 104/2022 prevede il diritto del lavoratore con un’anzianità aziendale di almeno sei mesi e che abbia superato il periodo di prova di chiedere che gli sia riconosciuta una forma di lavoro con condizioni «più prevedibili sicure e stabili»

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di Massimiliano Arlati e Luca Mariani

Il decreto legislativo 104/2022 - che reca disposizioni relative alla trasparenza nel rapporto di lavoro e di tutto impegno per il datore di lavoro - è ormai in vigore dal 13 agosto. Mentre le sue finalità paiono chiare e condivisibili, continuano a essere numerose le difficoltà interpretative che caratterizzano alcune disposizioni e appare “inquietante” il silenzio delle istituzioni a riguardo, ad eccezione di una circolare dell’Ispettorato nazionale del Lavoro che, per quanto di sua stretta competenza, chiarisce prevalentemente alcuni aspetti relativi al profilo sanzionatorio in caso di disapplicazione.
Inquietante perché le previsioni del cosiddetto decreto Trasparenza rischiano di passare del tutto inosservate o al più snobbate nell’ottica di una semplificazione operativa che certo andrebbe riservata dagli operatori delle risorse umane in ben altri e diversi aspetti del rapporto di lavoro.
Tra gli altri ci si riferisce, qui in particolare, alle previsioni contenute nell’articolo 10 del Dlgs 104/2022, titolato «Transizione a forme di lavoro più prevedibili sicure e stabili».
Il citato articolo, in sintesi, prevede il diritto del lavoratore
- che abbia maturato un'anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro e
- che abbia superato il periodo di prova,
di chiedere - per iscritto - che gli sia riconosciuta una forma di lavoro con condizioni, appunto, «più prevedibili sicure e stabili».

Entro un mese dalla richiesta, il datore di lavoro/committente deve fornire una risposta scritta motivata; in caso di risposta negativa, il lavoratore potrà inoltrare una nuova richiesta, decorsi almeno sei mesi dalla precedente.

Che cosa può chiedere il lavoratore

Il corretto esercizio del diritto sopra descritto da parte del lavoratore, così come il corretto adempimento degli obblighi del datore di lavoro /committente, comporta in primis la necessità di comprendere il significato da attribuire ala locuzione «forme di lavoro più prevedibili sicure e stabili»: che cosa, concretamente, può richiedere il lavoratore? Potrebbe il lavoratore richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, o del rapporto di lavoro subordinato a tempo parziale in rapporto di lavoro a tempo pieno? Potrebbe il collaboratore coordinato e continuativo richiedere l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato? O, ancora, potrebbe essere richiesta l’assegnazione a un differente turno di lavoro o di “uscire” dalle turnazioni e prestare attività lavorativa “a giornata”?

Un’interpretazione estensiva della norma di legge potrebbe indurre a ritenere che tutte le più sopra prospettate ipotesi siano legittime. Una siffatta interpretazione, tuttavia, ad avviso di chi scrive sarebbe superficiale e in contrasto con le finalità al cui conseguimento la norma pare essere preordinata.E infatti, a fronte del tenore letterale laconico della norma, può essere d’aiuto il Dossier, datato 13 aprile 2022, redatto con riferimento allo schema di decreto legislativo in esame dal Servizio Studi del Senato della Repubblica e dal Dipartimento lavoro della Camera dei deputati in cui si legge il proposito di «limitare la durata delle forme di lavoro meno sicure, riconoscendo al lavoratore il diritto di richiedere un impiego più stabile al proprio datore di lavoro». La redazione dell’articolo 10 del decreto in commento pare concretare l’orientamento del Governo e quindi è lecito ritenere che la “stabilità” propugnata dalla norma debba essere interpretata nella sola accezione di “durata” del rapporto di lavoro? In ragione di tutto quanto sopra esposto, e in assenza di eventuali futuri chiarimenti da parte del ministero del Lavoro, la novella normativa pare legittimare il lavoratore titolare di un rapporto di lavoro di durata determinata (indipendentemente dalla circostanza che questo sia un rapporto di lavoro subordinato nelle sue varie forme o di collaborazione), a richiedere la “transizione” a un rapporto di lavoro di durata indeterminata (peraltro non necessariamente subordinato) o di durata comunque superiore a quella definita e intercorrente al momento della richiesta, così da garantirgli una maggiore sicurezza economica e sociale.

Il rigetto del datore e le sue conseguenze

Sotto medesimo profilo, è inevitabile interrogarsi sulle conseguenze di un eventuale rigetto della richiesta ad opera del datore di lavoro: può il lavoratore sindacarne le motivazioni ed eventualmente agire in giudizio per il riconoscimento del proprio diritto? La norma nulla prevede a riguardo ma, nuovamente, importanti indicazioni giungono dal più sopra citato dossier ai sensi del quale «il datore di lavoro deve fornire una risposta motivata ma non è obbligato a concedere la transizione ad altra forma di lavoro».

Se, da un lato, una tale interpretazione appare correttamente rispettosa del diritto al libero esercizio del potere datoriale, dall'altro lato il neo-introdotto diritto del lavoratore apparirebbe una mera dichiarazione di stile, sostanzialmente privo di qualsivoglia effetto.Pare in ogni caso plausibile ipotizzare uno schema relazionale come quello qui di seguito delineato

Richiesta del lavoratore di forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili Decorsi 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro e decorso il periodo di prova

Risposta motivata e per iscritto del datore di lavoro/committente
Entro un mese dalla richiesta del lavoratore

Nuova richiesta del lavoratore
Decorsi almeno 6 mesi da precedente richiesta

Risposta per iscritto del datore di lavoro (anche solo verbale se:

i)richiesta è smile a precedente

ii)datore di lavoro è persona fisica o azienda con organico < 50 dipendenti

iii)rigetto è per medesime motivazioni)
Entro un mese dalla richiesta del lavoratore

In attesa di necessarie (e più chiare) indicazioni non solo a questo riguardo, pare in ultimo utile sottolineare ancora l’importanza di una norma come questa che, pur pubblicata in un periodo di difficoltoso recepimento da parte di un datore di lavoro giù sopito dalle ferie annuali, contiene spunti di fondamentale importanza nella gestione del rapporto di lavoro che sarebbe davvero un peccato non cogliere al fine di consolidare e sviluppare le relazioni con i singoli dipendenti al fine di evolverle e renderle più efficaci.

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