Decreto lavoro, meno vincoli per la somministrazione a termine nella Pa
Come noto, il Dlgs n. 81/2015 (T.U. dei Contratti), come modificato dal Decreto lavoro, apporta importanti restrizioni per i contratti a tempo determinato e ha modificato anche alcune norme relative alla somministrazione a termine.
Tali nuove norme tendono a limitare l'utilizzo del contratto a termine, riducendone la durata acausale da 36 a 12 mesi, salvo consentirne una durata superiore ma non eccedente i 24 mesi solo con stringenti e più complicate causali.
Le proroghe vengono ridotte da 5 a 4, ed ove eccedano la durata dei citati 12 mesi necessitano, come detto, di una causale.
Le causali sono in ogni caso dovute anche per i rinnovi a prescindere dalla loro durata, con un ulteriore incremento di costo per ogni rinnovo, pari all'0,5% che si aggiunge al contributo già a regime dell'1,4% per i tempi determinati in generale, salvo alcune specifiche esclusioni.
La somministrazione a termine viene toccata dal nuovo Decreto lavoro, come convertito, nella riscrittura del comma 2 dell'art. 31 del Dlgs n. 81/2015, laddove viene previsto ora un limite di contingentamento legale, salvo diverse disposizioni contrattuali collettive, pari al 30 % (come sommatoria di interinali e tempi determinati diretti) da commisurarsi sulla popolazione aziendale dell'utilizzatore in essere al 1° gennaio dell'anno in cui si perfezionano contratti per missioni di lavoro temporaneo.
Anche il comma 2 dell'articolo 34 del Dlgs n. 81/2015 viene riscritto con la previsione della normativa di riferimento relativa ai contratti a termine stipulati dalle Agenzie per il lavoro per scopo di somministrazione.
La novella indica che la normativa di riferimento debba essere quella prevista dal Capo III del Testo Unico con esclusione esplicita dei soli articoli 21, comma 2, 23 e 24, lasciando alla contrattazione collettiva di settore delle Agenzie, come già previsto prima, la disciplina delle proroghe sia per i casi che per la durata.
Una variante importante, approvata nell'iter parlamentare di conversione del Dl n. 87/2018, è l'indicazione che le causali del contratto a termine per prestazioni di lavoro temporaneo, ove si sfori la durata dei 12 mesi del nuovo contratto, oppure venga rinnovato, non siano riferite all’agenzia bensì all'utilizzatore, cioè alle sue esigenze e condizioni, liberando in tal modo quest'ultima da una logica irrazionalmente restrittiva che ne avrebbe sicuramente snaturato lo scopo in quanto avrebbe provocato automatiche conversioni di tutti i rapporti a temine per il solo fatto o di non avere una causale valida e specificatamente riferita all'agenzia, ovvero il superamento della durata dei 24 mesi con lo stesso lavoratore.
Questa novità da un lato semplifica, ma dall'altro irrigidisce, in quanto la causale rimane, per come indicata e da dettagliare, complicata e, tra l'altro, inserita in un contratto di prestazione di lavoro riferito ad una somministrazione, contratto commerciale, acausale.
La legge di conversione, tra le altre novità, ha precisato anche che i limiti di durata di un contratto (24 mesi anche per effetto di utilizzo diretto e/o in somministrazione dello stesso lavoratore che svolga analoghe mansioni) sono riferiti allo stesso datore/utilizzatore e non già, per logica deduzione, alla agenzia.
Come noto la legge di conversione ha anche reintrodotto la fattispecie della somministrazione fraudolenta, già prevista dal Dlgs n. 276/2003, abrogato dalla prima versione del Dlgs n. 81/2015.
La disciplina introdotta dal Decreto lavoro, fin qui ricapitolata, per effetto dell'articolo 1, comma 3, non si applica ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle Pa.
Infatti e nel dettaglio la legge esclude esplicitamente l'applicazione delle norme del nuovo articolo 19 del Dlgs n. 81/2015, relativo alla durata ed alle causali, fermo rimanendo il rispetto dell'articolo 36 del Dlgs 165/2001, come in precedenza.
Ma per effetto della riscrittura anche dell'articolo 21 del Dlgs n. 81/2015, relativo a proroghe e rinnovi, le Pubbliche Amministrazioni sarebbero escluse anche dai nuovi e più stringenti limiti relativi al numero delle proroghe nei rapporti diretti.
Il richiamato articolo 1, comma 3, esclude per le Pa anche le limitazioni relative alla durata dei contratti di prestazione a valle di una somministrazione a termine, nel senso che, non trovando applicazione il limite temporale nuovo dei 24 mesi, per questa fattispecie ci si deve rifare alla disciplina previgente, quindi al Dlgs n. 81/2015 ante riforma: 36 mesi senza causali e proroghe come disciplinate dal Ccnl del somministratore, fermo restando il rispetto del più volte richiamato articolo 36 del Dlgs 165/2001, che si ricorda da prescrizioni per il lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni.
Ma vi è di più: per come redatta la legge di conversione escluderebbe tutto l'articolo 2 per le Pa e quindi anche la fattispecie di somministrazione fraudolenta e del limite legale di contingentamento del 30 %, lasciando quindi alla sola contrattazione collettiva tale disciplina.
Per le Pa non trova applicazione, per i soli rapporti diretti e non somministrati, l'incremento del contributo dello 0,5% per ogni rinnovo sull’ 1,4 per cento