Agevolazioni

Esonero per gli under 36 frenato dai limiti d’accesso

L’aumento da 6mila a 8mila euro potrebbe non essere sufficiente per il rilancio dello strumento

di Antonino Cannioto e Giuseppe Maccarone

Il possibile aumento da 6mila a 8mila euro annui dell’esonero concesso per le assunzioni degli under 36, previsto dalle correzioni alla manovra di bilancio (si veda «Il Sole 24 Ore» di ieri) da solo potrebbe non essere sufficiente a rivitalizzare uno strumento già presente, da diversi anni, nel nostro panorama legislativo.

A parere di chi scrive, infatti, non è la soglia economica della riduzione contributiva che più penalizza l’incentivo: a fargli perdere appeal incide il fatto che l’esonero può essere riconosciuto solo se la persona che si assume non è mai stata occupata con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel corso della sua vita, presso il medesimo o qualsiasi altro datore di lavoro.

Il 2023 si aprirà portando con sè il pesante fardello degli anni precedenti caratterizzati dalla pandemia, dal caro bollette e dall’inflazione crescente. È ipotizzabile ritenere che, per dare slancio alla tendenza delle aziende a inserire nuova forza lavoro, serva un provvedimento più audace. Le imprese, oltre ai giovani, necessitano di mano d’opera qualificata e quest’ultima, se non già presente all’interno dell’organizzazione, va reclutata all’esterno.

Il disegno di legge di Bilancio 2023 ripropone un meccanismo introdotto nel 2018 dalla legge 205/2017, secondo cui, per il diritto all’incentivo, il lavoratore non deve aver mai avuto un contratto stabile; sono fatti salvi solo gli eventuali rapporti di apprendistato, instaurati con datori diversi da quello della nuova assunzione, non conclusisi con il mantenimento in servizio del giovane.

Al varo della norma del 2017, molti rilevarono che uno dei punti critici della disposizione di maggior importanza è quello di non avere previsto un arco temporale entro cui collocare la condizione di assenza di un precedente lavoro stabile (ad esempio negli ultimi tre, quattro o cinque anni). Tale condizione, oggi riproposta, comporta che per avere certezza di beneficiare dell’esonero, va indagata – peraltro, con le difficoltà che ne possono scaturire - tutta la precedente vita lavorativa dell’assumendo.

Sul punto l’Inps, probabilmente condividendo le difficoltà operative dell’accertamento, alcuni anni fa ha messo a disposizione dei datori di lavoro una procedura informatica che permette di verificare se una persona abbia avuto precedenti rapporti di lavoro denunciati all’Istituto. Si tratta, tuttavia, di uno strumento che non permette un’indagine totale: l’Inps ha specificato, infatti, che non ha valore certificativo.

Resta, peraltro, da chiedersi perché non siano ritenuti meritevoli di spendibilità sul mercato soggetti che, pur in possesso del requisito anagrafico (36 anni non compiuti) e versando in stato di non occupazione, sono stati titolari di un rapporto a tempo indeterminato conclusosi anche 15 anni prima e, forse, anche di esigua durata. Peraltro, ricordiamo che il beneficio può riguardare anche la stabilizzazione di un contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato. Pertanto, se un lavoratore è stato sempre occupato (e lo è anche al momento della trasformazione del rapporto) con contratti a tempo determinato con più soggetti, la sua stabilizzazione può essere premiata; di contro, chi non è occupato anche da lungo periodo, ma ha avuto un solo rapporto a tempo indeterminato nel passato (anche abbastanza remoto), non può essere assunto con le agevolazioni.

In conclusione, non si pone in discussione la validità della proroga dell’aiuto; ciò che appare poco comprensibile è perché non apportare correttivi i quali, eliminando qualche poco comprensibile paletto, possano ampliare il campo di azione della misura.

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