Contenzioso

Fungibilità, verifica sulla professionalità e non sulla mansione

di Angelo Zambelli

Accogliendo due motivi di ricorso promossi da una lavoratrice, la Cassazione ha statuito che, affinché sia legittima una riduzione della platea dei lavoratori da licenziare in una procedura collettiva, le ragioni fondanti tale scelta devono essere espressamente rappresentate nella lettera di avvio della procedura di mobilità (ordinanza 24882/2019). Ciò rispondendo alla finalità cardine attribuita a tale comunicazione, ovverosia quella di garantire l’effettività e la trasparenza del confronto con le organizzazioni sindacali destinatarie della comunicazione stessa.

Inoltre, prosegue la Corte, occorre effettuare un’ulteriore verifica afferente la pertinenza e inerenza di tale delimitazione alle ragioni poste alla base della procedura, in quanto la predeterminazione del campo di selezione (reparto, stabilimento, singole lavorazioni o settori produttivi) deve necessariamente essere giustificata dalle esigenze organizzative, tecniche e/o produttive che hanno dato luogo alla riduzione del personale.

La Cassazione, avendo accertato che la Corte d’appello ha omesso di «soffermarsi su questo fondamentale elemento destinato a condizionare la validità dell’intrapresa procedura sotto il profilo della corretta selezione dei dipendenti da licenziare» - ha accolto su tale punto il ricorso articolato dalla lavoratrice, cassando con rinvio la sentenza della corte territoriale che, pur avendo dichiarato l’illegittimità del licenziamento, si è limitata a rilevare una mera violazione procedurale (comunicazione in base all’articolo. 4, comma 9, della legge 223/1991 intervenuta oltre il termine di 7 giorni dal recesso) con conseguente applicazione della “sola” tutela indennitaria prevista dall’articolo 18, comma 5, dello statuto dei lavoratori.

Sotto diverso ma connesso profilo, la Suprema corte ha altresì ritenuto fondato il motivo di ricorso afferente la verifica della fungibilità dei profili professionali in esubero. La Cassazione, a tale riguardo, ha precisato che nella comparazione dei dipendenti da licenziare occorre prendere le mosse dalla ricostruzione del complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza del lavoratore, al fine di verificare l’effettiva sussistenza di professionalità omogenee da porre a confronto. L’esclusivo riferimento alle attività concretamente espletate dal dipendente nel contesto aziendale non risulta pertanto sufficiente, essendo necessaria una complessiva valutazione della professionalità «che tenga conto delle esperienze pregresse, della formazione, del bagaglio di conoscenze acquisito». In altri termini, è la fungibilità professionale tra i lavoratori che comporta la loro comparabilità e non la mansione da ultimo concretamente espletata e viene liberamente assegnata dal datore di lavoro.

Non ci resta che attendere gli sviluppi della Corte di rinvio, con la consapevolezza che il principio enunciato dalla Cassazione pare aggravare le risapute difficoltà operative nella comparazione tra lavoratori in esubero, obbligando a un’analisi dell’intero background professionale di ciascun dipendente coinvolto nel “complesso aziendale” che è di quasi impossibile attuazione quando le persone coinvolte molte, con excursus lavorativo vario ed eterogeneo.

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