Rapporti di lavoro

I crediti di lavoro si prescrivono in cinque anni dalla fine del rapporto

L’Ispettorato nazionale del lavoro ha rivisto il proprio orientamento sulla decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro alla luce della sentenza della Cassazione 26246 del 6 settembre 2022

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di Stefano Rossi

Cinque anni dalla cessazione del rapporto: è il termine entro il quale il lavoratore potrà vantare i propri crediti di lavoro nei confronti del datore. Con la nota 1959 del 30 settembre 2022, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha rivisto il proprio orientamento sulla decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro alla luce della sentenza della Cassazione 26246 del 6 settembre 2022.

Il vecchio orientamento

Precedentemente, l’Ispettorato, con la nota 595 del 23 gennaio 2020, aveva affermato che la prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro poteva decorrere anche in costanza di rapporto, tenendo conto degli eventuali atti interruttivi intercorsi.

L’ispettore, dunque, qualora non fosse decorso il termine di cinque anni, secondo questo orientamento avrebbe potuto emettere la diffida accertativa nei confronti del datore di lavoro, anche se il lavoratore era ancora in forza.

La nuova disciplina

La Cassazione, con la sentenza 26246/2022, ha affermato che il lavoratore, in virtù delle modifiche intervenute in tema di licenziamento illegittimo (legge 92/2012 e Dlgs 23/2015), non è assistito più da un regime di stabilità reale.

Pertanto, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge 92/2012 (il 18 luglio 2012), il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli articoli 2948, n. 4 e 2935 del Codice civile, dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Fa eccezione a questo principio di diritto il pubblico impiego, per la sua particolare disciplina normativa, che ne assicura la stabilità e la garanzia di rimedi giurisdizionali contro la risoluzione del rapporto, tali da escludere che il lavoratore possa far valere i propri diritti per il timore di essere licenziato. Quindi, nel pubblico impiego il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro inizierà a decorrere in costanza di rapporto.

L’applicazione della diffida

Secondo l’Ispettorato, il personale ispettivo dovrà considerare oggetto della diffida accertativa i crediti, che siano certi, liquidi ed esigibili, dei quali il dipendente sia titolare, tenuto conto che il termine iniziale di prescrizione inizierà a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Sul fronte della diffida accertativa, il Dl 76/2020, convertito dalla legge 120/2020, ha previsto diverse novità. In particolare, ha eliminato la convalida, ha ridotto le tempistiche e ha, infine, esteso la notifica dell’atto anche all’obbligato in solido. L’articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/2003 stabilisce infatti che in caso di appalto il committente è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori sia le retribuzioni sia i contributi e premi assicurativi, entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto.

L’Ispettorato, perciò, con la nota 441/2021 aveva precisato che il personale ispettivo potrà considerare l’interruzione del termine biennale da parte del lavoratore con un atto di diffida stragiudiziale o con il ricorso giudiziario nei confronti del committente. In tal caso, conclude la nota, sarà possibile emettere la diffida accertativa per i crediti vantati dal lavoratore, purché non sia intervenuta la prescrizione quinquennale del credito dall’atto interruttivo della decadenza, fermo restando i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito.

Con nota 1107 dell’11 dicembre 2020 l’Ispettorato ha anche chiarito che il regime della responsabilità solidale incontra dei limiti. In primo luogo, i trattamenti retributivi dovuti sono circoscritti al periodo di esecuzione dell’appalto (Cassazione 444/2019).

Nel caso di una pluralità di soggetti utilizzatori, succedutisi nel tempo – ad esempio negli appalti di pulizie – sarà necessario definire con certezza sia il periodo di riferimento di ciascun appalto, sia l’esatto ammontare del credito maturato nel periodo di esecuzione, riproporzionandolo in base al numero di ore di impiego dei lavoratori nei rispettivi appalti.

In secondo luogo, la notifica della diffida dovrà rispettare il termine decadenziale di due anni dalla cessazione dell’appalto, anche nei confronti del responsabile in solido. Nel caso di una notifica oltre i termini, il credito perderebbe il requisito del’esigibilità, con la conseguente caducazione del provvedimento.

L’Ispettorato precisa anche che i limiti di operatività del regime di solidarietà valgono solo per l’ipotesi dell’appalto; mentre la somministrazione segue le regole dell’articolo 35 del Dlgs 81/2015.

LEGGI COME SI APPLICA LA DISCIPLINA DELLA PRESCRIZIONE

Il caso
Denuncia ritardata

Un lavoratore ha cessato il proprio rapporto di lavoro il 10 agosto 2017 e ha denunciato la mancata corresponsione delle retribuzioni il 1° settembre 2022.

La soluzione
In questo caso, l’Ispettorato del lavoro non potrà emettere la diffida accertativa per il recupero dei crediti spettanti, perchè il diritto del lavoratore si è prescritto il 9 agosto 2022.

Il caso
Denuncia entro i termini
Un dipendente è stato licenziato il 21 ottobre 2017. Il lavoratore denuncia il mancato versamento del Tfr il 1° ottobre 2022.

La soluzione
In questo caso, l’Ispettorato potrà emettere la diffida accertativa perché il credito alla data della denuncia non si è ancora prescritto. La prescrizione scatta infatti il 20 ottobre 2022.

Il caso
Prescrizione interrotta
Un lavoratore si è dimesso l’11 settembre 2017. Ha inviato al proprio datore di lavoro un atto il 10 aprile 2019, chiedendo il pagamento. Ha poi denunciato la mancata corresponsione delle retribuzioni all’Ispettorato del lavoro il 5 settembre 2022.

La soluzione
L’Ispettorato potrà emettere la diffida accertativa perché il lavoratore, chiedendo il pagamento il 10 aprile 2019, ha interrotto la prescrizione, prevista dunque il 10 settembre 2022.

Il caso
L’appalto di servizi
Un appalto di servizi è cessato il 5 gennaio 2015, quindi il lavoratore ha diritto alle retribuzioni entro il 4 gennaio 2017 (due anni dalla cessazione). Il lavoratore ha notificato un atto interruttivo il 6 marzo 2016 e ha denunciato il mancato pagamento all’Ispettorato l’8 settembre 2021.

La soluzione
L’Ispettorato non potrà emettere la diffida accertativa nei confronti del committente, responsabile in solido, perché anche se il lavoratore ha notificato un atto interruttivo il 6 marzo 2016, il diritto di credito si è prescritto il 5 marzo 2021, 5 anni dopo l’atto interruttivo.

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