I diplomati temono la precarietà, i prof la qualità della formazione
C’è un effetto di breve periodo che la pandemia e l’eccesso di didattica a distanza hanno già lasciato sugli studenti. Ed è la sensazione, comune al 70% del campione, che la Dad abbia peggiorato la loro preparazione, oltre che la socialità dentro e fuori le classi. Ma ce n’è un altro, di medio-lungo raggio, che comincia ad affiorare e che potrebbe lasciare strascichi in futuro: il timore, comune a un diplomato su due, per la precarietà della loro condizione lavorativa. A dirlo è una ricerca di AlmaDiploma, realizzata in collaborazione con Swg, in occasione della Giornata internazionale dello studente di mercoledì 17 novembre.
L’eredità della Dad
Il punto di partenza dell’indagine - che è stata svolta tra il 1° e il 10 settembre scorsi e che ha coinvolto 1.557 diplomati 2020/21 delle liste di AlmaDiploma, 571 genitori con figli alle elementari, medie o superiori e 415 insegnanti di primarie e secondarie di I o II grado - è il solco scavato da 15 mesi di didattica a distanza pressoché ininterrotta. Tant’è che l 57% dei genitori e addirittura l’81% dei prof vede gli alunni più fragili. Invitati a fare un bilancio dell’anno scolastico passato l’81% dei ragazzi (e il 79% dei loro familiari) ritiene che la Dad abbia lasciato una scia di stress e disagio psicologico. Complice una preparazione, che il 70% dei diplomati reputa peggiorata, emergono parecchie preoccupazioni che riguardano il futuro. Il 60% degli studenti (nonché il 70% dei prof) pensa che il diploma appena conseguito varrà meno agli occhi delle aziende mentre il 42% ritiene di presentarsi all’appuntamento con il mondo del lavoro con meno competenze rispetto a quelle richieste. Una percentuale che tra i genitori arriva al 60% tondo tondo.
Le preoccupazioni per il futuro
I timori per la possibile condizione lavorativa emergono in maniera più lampante nelle slides successive. In cima alle principali fonti di preoccupazione il 51% dei diplomati indica la precarietà/instabilità sul posto di lavoro e un altro 39% cita la disoccupazione. Più di uno su tre (il 37%) teme invece gli effetti del cambiamento climatico mentre solo il 16% è in apprensione per la qualità della formazione. Un tema che tocca invece molto da vicino sia i genitori (il 34%, esattamente come la precarietà lavorativa dei loro figli) sia i docenti (il 26%, che alle superiori diventa 30%).
Invitati a immaginare l’istruzione del futuro i pareri divergono di nuovo. Mentre il 77% degli alunni ritiene «molto importante» costruire una scuola che fornisca strumenti adeguati per affrontare il mondo del lavoro il 68% degli insegnanti individua nella trasmissione di un metodo di studio che aiuti a proseguire gli studi negli anni successivi il bene primario da perseguire. Ma non per forza una cosa deve escludere l’altra.
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