Contrattazione

Il blocco dei licenziamenti non vale per tutti in caso di cambio appalto

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di Marcello Floris

L’articolo 14 del Dl Agosto (Dl 104/2020, all’esame del Senato per la conversione in legge), ha prorogato le norme già introdotte sui licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo, precludendo la possibilità di licenziare ai datori di lavoro che non abbiano fruito dei trattamenti di integrazione salariale o dell’esonero contributivo legati all’emergenza sanitaria.

Il divieto di licenziamento non si applica ai dipendenti impiegati in un appalto, che siano riassunti dal nuovo appaltatore - in seguito al subentro nell’appalto - per effetto della legge, di un contratto collettivo o di una clausola del contratto di appalto. Questi dipendenti possono quindi essere licenziati.

La ratio della norma, tuttavia, è sempre quella di preservare il posto di lavoro, infatti per l’appaltatore uscente è possibile licenziare solo a condizione che i lavoratori siano poi riassunti dal nuovo appaltatore.

Questo effetto si realizza per lo più tramite pattuizioni di clausole sociali, contenute nel contratto di appalto o nel bando di gara o nei contratti collettivi: ad esempio il Ccnl Telecomunicazioni, il Ccnl Trasporto aereo, il Ccnl per le agenzie di somministrazione e quello Multiservizi.

Nel nostro regime, il subingresso di un nuovo appaltatore non impone di per sé il passaggio dei lavoratori addetti all’appalto alle dipendenze del nuovo appaltatore.

Pertanto, alcuni contratti collettivi, prevedono condizioni di miglior favore con clausole ad hoc, disponendo che il rapporto debba necessariamente proseguire a parità di condizioni. Le clausole sociali sono appunto quelle volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato in un appalto: questo tipo di pattuizioni mira a salvaguardare il posto di lavoro di lavoratori occupati da un’azienda che si trova a perdere una gara d’appalto.

Nell’impossibilità di ricollocare i dipendenti addetti a quell’appalto, l’appaltatore uscente avrebbe facoltà di licenziare i lavoratori per soppressione della posizione lavorativa. Tramite la clausola sociale, invece, è fatto obbligo all’azienda subentrante di riassumere il personale che altrimenti sarebbe in esubero, per garantire appunto la continuità occupazionale.

La previsione dell’articolo 14 del Dl 104/2020 subordina dunque la liceità dei licenziamenti a un comportamento non già del soggetto che recede, titolare del rapporto di lavoro, cioè il vecchio appaltatore, bensì alla condotta di un soggetto estraneo al rapporto, cioè l’appaltatore subentrante.

Che cosa prevedono i Ccnl

Fintanto che il vecchio e il nuovo appaltatore applicano lo stesso contratto collettivo, non sorgono particolari criticità. Ma può ben capitare che non sia così. Ad esempio, esistono contratti collettivi che prevedono la riassunzione dei dipendenti impiegati dal precedente appaltatore, ma solo a determinate condizioni, quali ad esempio aver lavorato nell’appalto più di quattro mesi. Oppure, l’obbligo di riassunzione scatta se nell’appalto sono impiegati più di un certo numero di dipendenti. In linea di principio, la clausola sociale, nella dimensione dei contratti collettivi, libera l’appaltatore uscente dalla continuazione di un rapporto non più necessario alla sua impresa e pone in capo al nuovo appaltatore l’obbligo di riassunzione.

I nodi del Dl Agosto

Queste problematiche non sono contemplate nella previsione dell’articolo 14, per cui il nuovo appaltatore potrebbe legittimamente decidere di attenersi al contratto applicato dalla sua impresa, ma questa scelta potrebbe avere un serio impatto sulla legittimità del licenziamento messo in atto dal precedente appaltatore, realizzando così un effetto quantomeno anomalo sotto il profilo giuridico. Anche perché potrebbe non esistere un obbligo di riassunzione generalizzato dei lavoratori impiegati nell’appalto, e il riassorbimento potrebbe essere limitato.

Un altro tema non risolto dall’articolo 14 del Dl 104/2020 è quello del momento in cui debba intervenire la riassunzione da parte del nuovo appaltatore. In altre parole: la riassunzione deve seguire immediatamente il licenziamento, per applicare correttamente la regola? Il decreto non lo dice, ma considerato che la ratio della decretazione d’urgenza è quella di evitare la perdita di posti di lavoro e di minimizzare gli effetti del cambiamento di appalto sui lavoratori, parrebbe di poter affermare che la riassunzione debba essere immediatamente successiva al recesso del primo appaltatore.

In questa situazione di incertezza, è auspicabile che questi dubbi interpretativi siano chiariti nel percorso di conversione in legge del provvedimento.

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