Contenzioso

Caso Juventus-Napoli: la Corte d’appello sportiva e il diritto alla salute dei lavoratori sportivi ai tempi del coronavirus

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di Roberta Di Vieto e Marco Di Liberto

Il noto caso Juventus-Napoli, relativo alla partita di serie A che non si è disputata il 4 ottobre 2020 a causa della pandemia da Coronavirus, balza nuovamente agli onori della cronaca a seguito della sentenza emessa il 10 novembre u.s. dalla Corte sportiva di appello nazionale della Figc e offre numerosi spunti giuridici giuslavoristici.

In primo luogo, si rammenta che l'articolo 2087 del Codice civile, norma cardine dell'ordinamento giuridico italiano posta a tutela di tutte le categorie di lavoratori, impone all'imprenditore di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.

Inoltre, le norme in materia di prevenzione e di protezione dei lavoratori dai rischi sul lavoro di cui al Dlgs 81/2008 e i consolidati principi in materia sanciscono che le misure che il datore di lavoro deve adottare per tutelare i lavoratori dai rischi comprendono sia quelle tassativamente imposte dalla legge, sia quelle generiche dettate dalla comune prudenza, sia quelle ulteriori che in concreto si rendano necessarie.

Non di meno, sul piano giuridico-sistematico e della gerarchia delle fonti, assumono rilievo le norme costituzionali poste a difesa del diritto alla salute, anche dei lavoratori, tra le quali spicca l'articolo 32 della Costituzione, nonché il diritto alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana nell'esplicazione dell'iniziativa economica di cui all'articolo 41 della Costituzione.

Alla stregua dei suddetti principi andrà valutato l'operato del datore di lavoro che si attiene alle indicazioni rese dall'autorità sanitaria a tutela dei lavoratori, a prescindere dalla valenza giuridica e dalla qualificazione da attribuire a tali provvedimenti, pertanto sia che si tratti di raccomandazioni sanitarie, sia di provvedimenti che dispongono obblighi giuridici. Al contrario, la mancata osservanza da parte del datore di lavoro delle raccomandazioni dell'autorità sanitaria potrebbe configurare un'inosservanza sia delle misure sanitarie dettate dalla comune prudenza e dei principi di cui all'articolo 2087 del Codice civile, sia delle ulteriori misure che in concreto si rendano necessarie per tutelare i lavoratori, sportivi e non, ai sensi del Dlgs 81/2008 e dell'articolo 32 della Costituzione.

Sotto altro profilo e con riferimento alla causa forza maggiore, si rammenta che ricorre tale fattispecie allorché un fatto interviene e impedisce l'evento, a prescindere dal comportamento tenuto dalle parti, ed in presenza di due requisiti, la straordinarietà e l'imprevedibilità (ex multis, Corte di Cassazione, III sezione civile, n. 12235 del 25 maggio 2007): la straordinarietà ha carattere obiettivo e consiste in un evento anomalo, misurabile e quantificabile, mentre l'imprevedibilità ha natura soggettiva, attiene alla capacità conoscitiva e alla diligenza della parte contraente, ma deve essere valutata in modo totalmente obiettivo, prendendo a modello il comportamento di una persona media che versi nelle stesse condizioni.

In ragione dei suddetti principi alcuni giuristi hanno ritenuto che la Corte d'appello sportiva non abbia compiutamente applicato tali profili al caso in esame, ove si consideri che l'Asl Napoli 1, con comunicazione del 2 ottobre 2020, aveva già disposto l'isolamento fiduciario del gruppo squadra presso il domicilio, quando parevano già esservi in tale giornata i presupposti affinché il Napoli non fosse nelle condizioni di disputare la partita fissata per il successivo 4 ottobre 2020, e prima che intervenisse il formale diniego dell'Asl in tale data.

Altri commentatori hanno invece osservato che l'eventuale trasferta a Torino e i contatti che il gruppo squadra avrebbe avuto con terzi avrebbero potuto esporre i lavoratori sportivi e la collettività a rischi per la salute e l'incolumità fisica, esponendo anche la società civile ad un potenziale pregiudizio e ad un danno ingiusto, con conseguente violazione dell'articolo 2043 del Codice civile in materia.

Tuttavia, rimangono applicabili al caso le norme del Noif citate anche nella sentenza di appello sportivo e resta fermo e impregiudicato il principio secondo cui il giudice sportivo non ha giurisdizione in merito alla esatta qualificazione degli atti amministrativi emanati dalle autorità sanitarie, profilo che potrebbe aprire la strada alle ulteriori fasi processuali preannunciate dal club partenopeo avanti all’autorità giudiziaria ordinaria.

In ogni caso, anche la decisione resa dalla Corte d'appello sportiva conferma l'impianto giuridico già descritto nelle precedenti note, valorizzando il ruolo fondamentale dei protocolli sanitari applicati dalla Figc a tutela dei lavoratori sportivi e riconfermando come tali protocolli possano essere integrati dai provvedimenti delle autorità sanitarie.

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