Il Governo studia ammortizzatori per i call center
Per i lavoratori dei call center potrebbero presto arrivare ammortizzatori sociali strutturali. Ad aprire è il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che ha partecipato ieri a un convegno organizzato da Asstel con al centro l’accordo quadro sulle attività del settore dei customer care in outsourcing siglato a metà febbraio dall’associazione che riunisce le imprese della filiera delle tlc insieme con i sindacati di categoria.
Un tema, quello della necessità per i lavoratori dei call center in outsourcing di avere ammortizzatori sociali “strutturali” come per l’industria (oggi rientrano nell’ambito del Fondo di Integrazione salariale), su cui le parti sociali insistono da tempo. Ieri quindi l’apertura del sottosegretario Durigon («stiamo lavorando» ha detto) a margine di questo incontro al Cnel cui è intervenuto insieme con il Vicepresidente per il lavoro e le relazioni industriali di Confindustria Maurizio Stirpe, al vicepresidente del Cnel Elio Catania, al presidente di Asstel Pietro Guindani, al direttore Laura Di Raimondo e ai segretari generali delle organizzazioni sindacali Fabrizio Solari (Slc Cgil), Vito Vitale (Fistel Cisl), Salvo Ugliarolo (Uilcom Uil), Stefano Conti (Ugl Telecomunicazioni).
Al centro dell’incontro c’era l’accordo quadro sui call center pensato, per dirla con le parole del presidente di Asstel Pietro Guindani, per dare al settore «un assetto capace di fornire risposte efficaci sulla tutela del lavoro, sul contrasto dei fenomeni di concorrenza sleale e sullo sviluppo di nuovi modelli di business basati sulla trasformazione delle competenze, la qualità del servizio e l’efficienza delle imprese».
Del resto – è stato un comune denominatore di tutti gli interventi – parlare di call center è ormai riduttivo. L’interazione con il cliente, grazie anche alle tecnologie, ora può fare la differenza. Da qui l’accento sui temi della qualità e degli investimenti: punti, questi, che cozzano però con tutta una serie di fattori, endogeni ed esogeni, che hanno portato all’avvitamento del settore (2 miliardi di ricavi e 80mila occupati) in una certa fase.
A metà febbraio Asstel e sindacati sono intervenuti quindi con una “contrattazione d’anticipo” basata su vari punti fra cui: il rispetto delle tabelle sul costo medio del lavoro per i nuovi affidamenti in outsourcing anche nel privato e non solo nel pubblico; trattamenti di welfare anche per gli outbound (chi dai call center telefona alla clientela, con contratti di collaborazione) e azioni comuni Asstel-sindacati per sensibilizzare il Governo su clausola sociale (continuità occupazionale con i cambi d’appalto) e ammortizzatori sociali. «Grazie al nostro sistema di relazioni industriali e contando sul sostegno delle istituzioni saremo in grado di delineare le soluzioni più efficaci per il settore» ha poi aggiunto la direttrice di Asstel Laura Di Raimondo. Tanto più che Asstel già di suo rappresenta il 40% circa della committenza e annovera la quasi totalità delle grandi imprese fornitrici di servizi di contact center in outsourcing. Un primo risultato l’azione congiunta di Asstel-sindacati intanto sembra averlo prodotto, con i 20 milioni stanziati per il 2019 per il sostegno al reddito dei lavoratori dei call center in crisi, contenuti nella conversione in legge del Decretone.