Contenzioso

Il termine per la prescrizione della malattia professionale ricorre da quando si ha consapevolezza del danno

Per la Cassazione vale il momento in cui il lavoratore o i suoi eredi abbiano percepito la malattia quale danno ingiusto conseguente al comportamento datoriale illegittimo

di Marco Tesoro

L'azione risarcitoria per i danni conseguenti alla malattia professionale si prescrive a decorrere dal momento in cui possa ragionevolmente ritenersi che il lavoratore, o i suoi eredi, abbiano percepito la malattia quale danno ingiusto conseguente al comportamento illegittimo di parte datoriale, usando l'ordinaria diligenza e sulla base delle conoscenze scientifiche dell'epoca. Così la Corte di cassazione, con la sentenza 13806/2023 del 19 maggio.

Il Tribunale e la Corte d'appello aveva rigettato, per intervenuta prescrizione, la domanda proposta dagli eredi del lavoratore di risarcimento del danno biologico conseguente alla malattia professionale contratta dal defunto nello svolgimento del rapporto di lavoro (iure hereditatis) e del danno patrimoniale e non patrimoniale subito dagli eredi (iure proprio). Il Tribunale aveva individuato il dies a quo di decorrenza della prescrizione nella data di pubblicazione (1990) di una relazione tecnica dell'Asl Taranto che attestava la presenza, all'interno degli stabilimenti, di sostanze cancerogene, l'obsolescenza degli impianti, la mancanza di dispositivi di aspirazione dei fumi all'origine, l'elevata quantità di fibre di amianto e le concentrazioni di polveri sottili.

La Corte territoriale confermava la pronuncia del Tribunale rilevando che, almeno dall'entrata in vigore del Dlgs 277/1991, che ha predisposto cautele per i lavoratori esposti all'amianto, l'oggettiva diligenza avrebbe imposto di percepire anche per i congiunti la malattia come conseguenza del comportamento datoriale.Gli eredi ricorrevano in cassazione, lamentando la violazione dell'articolo 2935 del Codice civile da parte dei giudici di merito per aver individuato la decorrenza della prescrizione senza tener conto delle conoscenze scientifiche specifiche, in quanto alla data di pubblicazione del Dlgs 277/1991 la scienza medica non aveva ancora collegato la malattia del lavoratore all'esposizione ad amianto.

La Corte di cassazione, investita della questione, accoglie il ricorso e fornisce una lunga disamina dei principi giurisprudenziali sul tema.In particolare, la Suprema corte ricorda che, in materia di diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da malattia professionale, la prescrizione decorre dal momento in cui uno o più fatti concorrenti forniscano certezza della conoscibilità da parte del lavoratore dello stato morboso, della sua eziologia professionale e del raggiungimento della misura minima indennizzabile. Viene richiamata altresì la sentenza 576/2008 con cui le sezioni unite hanno ancorato la decorrenza della prescrizione a due parametri obiettivi: l'ordinaria diligenza del danneggiato e il livello di conoscenze scientifiche dell'epoca, entrambi soggetti alla valutazione del giudice di merito.

Il punto di arrivo della giurisprudenza di legittimità è che «la prescrizione decorre non dal giorno in cui il terzo abbia determinato la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si sia manifestata all'esterno, bensì da quello in cui essa venga percepita o possa essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche».

Nel caso specifico, la Cassazione ricorda che i su esposti principi sono stati confermati anche per i superstiti con riferimento ai quali, perché possa iniziare il decorso della prescrizione, è indispensabile che si realizzi «la morte dell'assicurato e la conoscenza o conoscibilità da parte dei superstiti dell'eziologia professionale del decesso, la quale può non coincidere con la morte, ma essere raggiunta solo dopo di essa» (Cassazione 2002/2005).Per la Corte, i giudici sono incorsi in un errore di sussunzione e nella falsa applicazione dell'articolo 2935 del Codice civile avendo collegato la conoscibilità della malattia all'entrata in vigore del Dlgs 277/1991 che, in realtà, non dimostra né la conoscenza o conoscibilità da parte degli eredi della malattia, né fornisce elementi significativi sulle conoscenze scientifiche dell'epoca.

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